Rudi Garcia era orgoglioso di “non conoscere il passato” e ora ne fa parte

L’avventura con il francese è nata male e finisce peggio. Per De Laurentiis, Mazzarri è il traghettatore verso un’altra rivoluzione

Qualsiasi analisi sul lavoro di Rudi Garcia a Napoli deve partire da un concetto: il peccato originale di questo scellerato avvio di stagione nasce dalle scelte estive di Aurelio De Laurentiis. Il patron si era definito convinto del fatto che una squadra così forte potesse “allenarla chiunque” e che il lavoro di un ds di campo e presente come Cristiano Giuntoli potesse essere sostituito da “un team”. Entrambe le convinzioni si sono rivelate errate e De Laurentiis, che forse avrebbe avuto bisogno di qualche “non sono d’accordo” in più intorno a lui, ora lo avrà compreso.

Rudi Garcia Napoli
Rudi Garcia nell’ultima gara sulla panchina del Napoli (Ansa) – serieanews.com

Fatta questa inevitabile premessa, possiamo affermare che Rudi Garcia abbia fatto tutto il possibile per farsi esonerare. Il suo più grave errore è stato non aver capito dove fosse capitato e in quale momento storico. Quando fu presentato a Capodimonte parlò del fascino di aver attraversato una città ancora addobbata d’azzurro, dimenticando però di citare il principale artefice tecnico di quel capolavoro. Napoli ha vinto solo tre volte in quasi un secolo: nelle prime due ci volle il più forte calciatore nella storia, nella terza le idee di un allenatore unico come Luciano Spalletti

Non averlo menzionato, non aver seguito il suo cammino, non avergli telefonato (come da sua ammissione), aver parlato sempre quasi con fastidio di un passato che affermò di non conoscere, fu la peggiore premessa al suo nuovo inizio. Napoli e il Napoli avevano creato una simbiosi col suo tecnico che necessitava di continuità, non di rottura. In molti, per attaccare la squadra, hanno paragonato il gol subito con l’Union con la famosa scappata in massa nel corner col Sassuolo che quasi fece commuovere il buon Lucianone. Quel tipo di alchimia, di atteggiamento, di predisposizione al sacrificio, però, si costruisce con un percorso quotidiano che incida nella testa, non solo nelle gambe dei calciatori. E Garcia, ci spiace dirlo, nella testa di questo gruppo non c’è mai entrato. 

Al netto di disquisizioni sul lavoro fisico e tattico dell’estate (chi ha seguito i ritiri si definiva preoccupato per l’enorme quantità di lavoro a secco e la quasi assenza di esercitazioni tattiche sulla linea difensiva), la gestione del gruppo, della comunicazione (da ‘amici e nemici’ alle presunte ‘domande cattive’) e delle partite è stata nefasta. A poche settimane dall’inizio della stagione, Garcia era già stato mandato a quel paese varie volte dai suoi calciatori durante delle sostituzioni che, in molti casi, risultavano incomprensibili. Non è la sede per analizzarle singolarmente, ma ci limitiamo a ricordare quella di Gio Simeone al minuto 54 di Napoli-Empoli. In una gara bloccata e sotto una pioggia battente, si è deciso di rinunciare all’unica prima punta a disposizione per poi inserire Mario Rui a crossare nel finale alla ricerca di Raspadori, che ha tanti pregi ma è alto poco più di un metro e settanta.

De Laurentiis aveva annusato il problema ed era pronto ad esonerare il francese già ad ottobre, dopo la brutta sconfitta interna con la Fiorentina, sconfessando subito una scelta che aveva difeso a spada tratta prima e dopo questo momento. Tentò di convincere Conte, non ci riuscì, e decise di confermare l’ex Roma, di fatto, commissariandolo. Altro errore grave, costato un mese di immense difficoltà forse evitabili.

Nessuno chiedeva al Napoli di ripetere la straordinaria cavalcata dello scorso anno, ma è innegabile che si stesse dilapidando un patrimonio tecnico unico. Questa rosa ha stravinto il campionato a febbraio e sfiorato una semifinale di Champions, e chi fa paragoni con la pancia piena dell’Inter del Triplete è fuori strada: quello era un gruppo a fine ciclo, questo un ciclo poteva aprirlo.  

Il futuro nelle mani del passato: Walter Mazzarri

Se oggi sulla panchina azzurra c’è Mazzarri, è proprio perché De Laurentiis ha capito che il Napoli non può allenarlo chiunque e non voleva legarsi a lungo termine con chi non lo convince. La sua ultima, rischiosa scommessa è stata rinunciare a Tudor. Il croato poteva essere azzurro già a ottobre, ma non ha mai conquistato il presidente che lunedì, subito dopo averlo incontrato, si è fiondato sul vecchio amico Walter. Il tecnico, secondo i piani di De Laurentiis, è il traghettatore ideale, un usato sicuro che conosce la piazza dalla quale è ammirato, che ha studiato la rosa e ha promesso di disporla in campo con principi simili a quelli dello scorso anno. Facile a dirsi, molto meno a farsi: vedremo. Da giugno, in ogni caso, il patron vuole invece ripartire da un progetto nuovo e a larga gittata, con profili del livello di Italiano, suo pallino da anni, o Farioli.

Walter Mazzarri in panchina
Walter Mazzarri, nuovo tecnico del Napoli, in panchina (ANSA) – serieanews.com

Il futuro del Napoli ora è tutto nelle mani di Mazzarri. Non qualificare gli azzurri alla nuova Champions sarebbe un disastro con conseguenze economiche e progettuali imprevedibili e la sua missione principale sarà evitarlo. Il toscano ritrova un club che oggi ha l’obbligo di comportarsi come una società da 14 anni nelle competizioni europee e con un respiro ormai internazionale. Sono tornati virali i video degli spot di oltre un decennio fa che lo vedevano protagonista, ora il mister si dovrà confrontare con una realtà diversa anche dal punto di vista comunicativo. La ‘New 3ra’ sbandierata in estate ha prodotto la miglior campagna abbonamenti nella storia del club, un’identità visiva moderna (finalmente visibile anche nei maxischermi del Maradona), una linea da gara e da passeggio disegnata in armonia con gli sponsor come mai prima d’ora, e diversi altri elementi molto apprezzati dai tifosi. Un lavoro eccellente ed un patrimonio da tutelare, a prescindere dagli inevitabili sbalzi umorali tipici di qualsiasi società calcistica.

Tornare da Mazzarri, perno di un’epoca ormai lontana e negli ultimi anni di certo non sulla cresta dell’onda, può rappresentare una scelta in antitesi col contesto storico. È anche vero, però, che Napoli è una città romanticamente nostalgica da sempre. Da ieri sui social sono nati diversi trend che riportano in auge i bellissimi ricordi lasciati dal toscano e l’amarcord ha riportato, più che entusiasmo, una vena di salutare ottimismo. A 62 anni Mazzarri torna ad essere la grande speranza del Napoli per restare sulla cima di una montagna che ha iniziato a scalare il 18 ottobre 2009, proprio insieme a lui. È l’occasione più grande della sua carriera.