Diawara si racconta: le videochiamate di Ancelotti, Mou, Valencia e il futuro

Parla Amadou Diawara. Cosi il centrocampista si è raccontato ai microfoni di ‘AS’, svelando diversi retroscena.

Amadou Diawara, dopo una stagione vissuta ai margini del progetto della Roma, cerca una nuova avventura. Il centrocampista ha concesso oggi una lunga intervista al quotidiano spagnolo AS, nella quale ammette la volontà di lasciare il club giallorosso e racconta la sua carriera, sin dai primi anni in Guinea.

Amadou Diawara in campo
Amadou Diawara (LaPresse)

Amadou, com’è iniziata la tua avventura nel calcio?
“L’infanzia in Guinea non è stata semplice. Mio padre era insegnante e non voleva che giocassi, ma riuscii a convincerlo e alla prima occasione mi lasciò volare in Italia. Lì, all’inizio, feci soprattutto fatica ad adattarmi a un gioco molto più tattico”.

La tua formazione era diversa.
“In Africa giocavamo per strada, lì bisogna imparare così, ma ne sono grato: è il modo migliore possibile. Non ci sono regole, devi stare attento a non farti male, a non cadere… È ciò che mi ha reso più forte”.

In poco tempo ti notò il Bologna.
“Quando ero al San Marino feci dei provini per la squadra del direttore Corvino, che non poteva acquistarmi per il Bologna in quanto era in Serie B ed io ero extracomunitario. Appena promossi in A, mi comprarono per la Primavera, ma il mister Delio Rossi dopo il ritiro estivo mi volle in prima squadra ed ebbi la fortuna di avere spazio”.

Durante quel periodo si parlò anche di un suo futuro nella Nazionale italiana.
“Avevo questa possibilità, ma nonostante sia arrivato a 16 anni, non mi sento italiano. Sono guineano e scegliere la Nazionale del mio paese è stato naturale, la cosa giusta”.

Amadou Diawara in azione
Amadou Diawara (LaPresse)

Diawara, la chiamata del Napoli ed il rapporto con Ancelotti

Dopo un solo anno a Bologna arrivò la chiamata del Napoli. Com’è stato lavorare con Sarri?
“Maurizio è incredibile, un maestro. Nei primi allenamenti mi girava la testa, la palla correva troppo veloce”.

Risucisti a conquistare la sua fiducia, giocando titolare addirittura nel Bernabeu.
“Non me l’aspettavo, ma sentivo che stavo bene e riuscii a giocare con una tranquillità che non immaginavo. Avevo di fronte Ronaldo, Benzema, Kroos, Casemiro… Mi bloccai pensando che poco tempo fa guardavo in tv in Africa questo tipo di partite, e all’improvviso ero lì”.

E in quella notte, c’era anche Maradona.
“Fu un privilegio. Ho conosciuto il Dio del calcio, come dicono a Napoli. Ricordo che negli spogliatoi del Bernabeu ci diede una carica clamorosa, non fu un caso che scendemmo in campo benissimo e riuscimmo a segnare anche lo 0-1”.

I napoletani ti ricordano per quel gol al Chievo quando lo scudetto era a un passo, nel 2018.
“Era un calcio d’angolo, e normalmente in quei casi mi piazzo fuori area, ma sentii qualcosa di diverso ed entrai. Il pallone mi arrivò dopo una spizzata di Milik e segnai con un tiro a giro. Cominciai a correre per festeggiare e non sapevo nemmeno dove andare… Quel gol ci avvicinò allo scudetto, che però non riuscimmo a conquistare nonostante i 91 punti. Il calcio è così: mi auguro che il Napoli, prima o poi, possa vincerlo”.

Dopo, arrivò Ancelotti.
“Carlo è un signore, lo sanno tutti. Durante l’estate nella quale arrivò, ricordo che un pomeriggio ricevetti diverse videochiamate da un numero sconosciuto. Non volli rispondere, ma poi arrivò una telefonata normale e lo feci. Mi disse “hey, sono il mister”… Che figura! Anche un altro episodio con lui mi è rimasto dentro. Quando andai via, ci incrociammo e scese dalla sua auto per venire a salutarmi, lo fece con un affetto che ricorderò per sempre”.

Il passaggio alla Roma ed i problemi nella capitale

Passasti dal Napoli alla Roma, dove quest’anno non hai quasi giocato.
“I primi due anni sono stati positivi, ma gli infortuni al ginocchio e il covid hanno frenato la mia crescita. Poi è arrivato Mourinho, e lavorare con lui è stato un altro sogno realizzato. Ha portato tanto entusiasmo nel club e nella città. Ho avuto una buona relazione con lui, anche se non ho mai avuto spazio. Sono decisioni tecniche, il mister è sempre stato chiaro con me ed io l’ho accettato”.

Non è stata colpa tua, ma nella gara col Verona del 2020 la tua presenza causò la sconfitta a tavolino.
“Fu tutto stranissimo. Tornai a casa dopo la gara e ricevetti decine di insulti, senza capirne il motivo. Sono un calciatore, penso ad allenarmi e a far bene, di burocrazia non ne capisco…”.

Com’è stato vincere la Conference?
“Una Coppa è sempre una Coppa, è stata un’esperienza incredibile vivere la conquista di un titolo. La città aspettava da tanto tempo un trofeo e, anche se non sono stato protagonista, l’ho vissuto con grande gioia. Ho aiutato in ciò che ho potuto: allenandomi al massimo”.

Cosa attendi per il tuo futuro?
“Mi piacerebbe trovare una squadra nella quale avere spazio, ma il mercato dipende da tanti fattori, non solo da me. Credo nel mio potenziale e sento che posso fare bene”.

A gennaio sei stato vicino al Valencia.
“Ero in Coppa d’Africa, mi chiamarono per dirmi che c’erano varie squadre interessate e scelsi subito il Valencia. Fosse per me, avrei chiuso immediatamente, ma ho dovuto aspettare altri quattro, cinque giorni, e alla fine non se ne fece nulla. Ancora non so perché sia andata così”.

Ti piacerebbe vivere un’avventura in Spagna?
“La Liga mi piace tantissimo. Se ci fosse un’opportunità, la coglierei”.