Sembrava uno di passaggio, uno destinato a non restare. E invece si è preso tutto, senza mai alzare la voce, fino al punto in cui persino un’offerta da sogno può diventare superflua
È stata una stagione complicata per la Juventus, sicuramente. Un nuovo progetto che non è mai decollato, la sensazione che stesse andando tutto a rotoli, e anche quell’altra sensazione, forse ancora più fastidiosa, che tutti quei soldi spesi non avessero portato proprio a nulla. Ora che i giochi sono fatti, bisognerà distinguere tra gli errori di valutazione e ciò che non ha funzionato solo perché è mancato un contesto in cui potesse rendere.
Il giudizio definitivo sulla gestione di Cristiano Giuntoli arriverà con il tempo. Ma intanto va detto che l’ex Napoli ha portato a Torino una bella rivoluzione, toccando ogni reparto. Anche la porta. È finita l’era di Szczesny, che ha salutato tutti, si è ritirato e poi è ripartito per Barcellona. E per sostituirlo, la Juve ha scelto Michele Di Gregorio, pagando circa 16 milioni al Monza. Una mossa che in tanti non hanno capito.
Perché Di Gregorio non è Buffon, e lui questo lo sa benissimo. Ma soprattutto perché, nei primi mesi, qualcuno ha iniziato a farglielo pesare. “Non è all’altezza”, “non è da Juve”, “sul mercato c’era di meglio”. Critiche feroci, spesso esagerate, sicuramente premature. E lui? Muto. Niente lamentele, niente interviste, niente risposte stizzite. Solo silenzio, lavoro e allenamenti.
Lui piano piano si è preso tutto. La fiducia dello staff, la considerazione dei compagni, il rispetto dei tifosi. E parata dopo parata, è diventato uno di quelli da cui ripartire. Uno che si è guadagnato il posto, e non solo per mancanza di alternative.
Che “DiGre” sia diventato un intoccabile lo dimostra anche il mercato. Perché quando si inizia a parlare di te oltre confine, e non da parte di uno qualunque, significa che qualcosa l’hai lasciata. Il Manchester City ha sondato il terreno. Pep Guardiola in persona ha fatto arrivare il suo interesse, chiedendo alla Juve e all’entourage se ci fossero margini. E la risposta è stata secca: no.
Michele Di Gregorio ha deciso di restare. Non perché il City non fosse una tentazione, ma perché vuole continuare a crescere dov’è. Alla Juve. Dove si sente nel posto giusto. E dove sa di poter diventare qualcosa di più di una scommessa riuscita.
Dire no al City non è cosa da tutti. È un segnale chiaro, forte. Che parla più di mille comunicati. E che forse dice molto di più su di lui di quanto abbia detto tutto l’anno. Magari non sarà mai un fenomeno. Ma è uno che si è fatto voler bene in silenzio, con i fatti. Uno che ha trasformato la diffidenza in certezza. E che oggi, alla Juventus, è diventato inamovibile.
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