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Lautaro Martinez: il leone dell’Inter ruggisce in vetta alla classifica

Scritto da
Giancarlo Spinazzola

Un capitano che graffia il tempo. A San Siro l’aria vibra, e quando il pallone arriva a Lautaro, la città sembra trattenere il respiro. Il resto è lavoro, fede e ruggito.

Lautaro Martinez: il leone dell’Inter ruggisce in vetta alla classifica (Ansa Foto) – SerieAnews

Non è solo la cima della classifica. È il modo in cui ci arrivi. Con Lautaro Martínez l’Inter ci arriva spesso con passo sicuro, senza rumore inutile. L’argentino ha la calma dei capitani e l’istinto dei predatori. Prima guarda. Poi agisce. E quando ruggisce, lo fa per tutti.

Il segreto non sta nel gesto spettacolare, ma nella routine. Nel pressing corto. Nelle linee strette. Nel primo controllo che orienta. In una Serie A di dettagli, il suo corpo parla chiaro: corre verso la palla quando gli altri ancora esitano. Dialoga tra le linee. Chiama il compagno giusto. Il sistema di Chivu lo esalta. Il 3-5-2 apre corridoi che lui legge come un regista e attacca come un nove totale. Con Marcus Thuram ha trovato un’intesa che spezza le partite. Uno attira, l’altro punge. Spesso lui fa entrambe le cose.

C’è una frase che spiega la mentalità. “Essere primi in classifica significa tantissimo, siamo lassù perché abbiamo lavorato e saputo soffrire a prescindere da quello che si dice di noi”, dice il capitano. Non c’è posa. C’è il culto del gruppo. È quel “soffrire” che suona antico e attuale. Interpreta il lavoro sporco. Fa scorrere il tempo quando serve. Si prende la responsabilità quando pesa.

Il capitano che cambia il ritmo

Il capitano che cambia il ritmo (Ansa Foto)- SerieAnews

I dati aiutano a tenere i piedi per terra. Lautaro è capitano dell’Inter dal 2023. Nella stagione 2023-24 ha chiuso da capocannoniere di Serie A con 24 gol. In quella stessa annata ha deciso la Supercoppa Italiana con un gol al 90’ contro il Napoli, in finale a Riyadh. Parliamo di eventi verificati, che indicano una traiettoria: meno fronzoli, più impatto.

Il resto lo racconta il campo. A San Siro guadagna falli utili, accompagna la pressione, apre varchi per le mezzali. Non aspetta che la palla lo trovi. Va a prenderla. Nel derby, negli scontri diretti, nelle notti europee. E se qualcosa non torna, il linguaggio del corpo non molla. Dopo l’eliminazione ai rigori con l’Atlético nel 2024, non ha cercato alibi. Ha rilanciato. Il giorno dopo era di nuovo al lavoro ad Appiano, a spingere lo spogliatoio. Questo è un tratto che le metriche non misurano, ma che il gruppo riconosce.

Qui entra la sostanza. L’Inter prima in classifica è un titolo che cambia rumorosità ogni settimana. Ma la continuità nasce dal capitale umano. Inzaghi offre una struttura pulita. Lautaro la popola di scelte semplici e efficaci: smarcamento preventivo, tempi d’attacco dell’area, letture sul secondo palo. Quando sbaglia, non sparisce. Resta nella partita. È la forma più alta di leadership.

Se cercate la cifra che lo definisce, è l’aderenza al compito. Dentro c’è la garra sudamericana e la disciplina europea. Pochi tocchi, molte responsabilità. Non tutte le cifre del presente sono pubbliche o definitive al momento della scrittura; dove non ci sono dati certi, meglio fermarsi qui che inventare. Ma la direzione è chiara. Il ruggito si sente.

Forse tutto si riduce a un’immagine: una notte fredda, la nebbia che taglia il Meazza, una palla sporca in area. Un attimo di silenzio. E quella torsione che cambia il destino. Quante volte serve ancora, per trasformare il lavoro in stagione memorabile? La risposta, a volte, è già nel primo controllo.

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