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Infantino annuncia il nuovo Fondo Fifa per la pace: via alla ricostruzione post-bellica

Scritto da
Giacomo Auriemma

Sharm El-Sheikh ha il vento del deserto e il brusio dei grandi vertici. In mezzo ai saluti e alle strette di mano, una promessa prende forma: usare il calcio per cucire strappi. Suona semplice. È ambizioso. E chiama tutti a guardare oltre il punteggio.

Il contesto è chiaro

I conflitti lasciano vuoti. Strade interrotte. Scuole senza bambini. Campi senza linee. In questo quadro, l’idea di un Fondo Fifa per la Pace tocca una corda concreta: ripartire dal gioco per ricostruire comunità. L’annuncio arriva dopo il Vertice di Sharm El-Sheikh. Il palco è globale. La posta è alta.

Prima metà di verità operativa

Poi visione. Il presidente Gianni Infantino parla di ricostruzione post-bellica. Parla di infrastrutture essenziali. Campi, spogliatoi, luci. Parla di giovani. E di formazione per tecnici e insegnanti. Qui la notizia si fa misura: al momento non ci sono ancora documenti pubblici con cifre, governance e cronoprogramma. È un punto importante. Senza linee guida, si descrive l’intenzione, non il cantiere. FIFA non ha diffuso dettagli formali sul nuovo strumento. Lo segnaliamo con chiarezza.

Dal palco al progetto

Cosa è plausibile: un veicolo dedicato, incardinato alla FIFA Foundation, che già opera in ambito umanitario e scolastico (Football for Schools, UNESCO). Cosa è verificabile: FIFA prevede ricavi per circa 11 miliardi USD nel ciclo 2023-2026 (dati FIFA). Anche uno 0,1% destinato a un fondo mirato significherebbe circa 11 milioni USD l’anno. È un esempio numerico, non un annuncio. Cosa manca: i criteri di eleggibilità, la governance indipendente, i partner esecutivi (es. UNHCR, ONG locali), gli audit di trasparenza.

A cosa potrebbe servire, in pratica?

Alla ricostruzione di infrastrutture sportive danneggiate. Alla riapertura di palestre nelle scuole. A programmi di sostegno psicosociale per minori attraverso il gioco. A borse per arbitri e allenatori nelle aree colpite. L’esperienza c’è. La FIFA Foundation ha già mobilitato fondi per emergenze e progetti comunitari; il Comitato Olimpico ha avviato l’Olympic Refuge Foundation per i rifugiati. I binari esistono. Vanno allargati e protetti.

Cosa cambia davvero

Se il fondo nasce con criteri solidi, ecco tre snodi chiave: Addizionalità. Nessuna sostituzione dei fondi a federazioni. Il fondo deve essere extra, mirato, misurabile. Partnership locali. Le comunità guidano. Le ONG eseguono. FIFA coordina e verifica. Monitoraggio. Obiettivi semplici, indicatori pubblici: campi riaperti, ore di attività, tasso di partecipazione femminile, occupazione giovanile correlata.

Servono anche scelte nette su integrità e rischi

In aree di conflitto la sicurezza cambia in fretta. L’accesso umanitario non è scontato. Le opere vanno progettate in modo modulare. Pronte a fermarsi, pronte a ripartire. Un fondo credibile prevede clausole anticorruzione, open data sui contratti, audit esterni periodici. È qui che la parola trasparenza smette di essere slogan e diventa infrastruttura.

Resta il nodo più umano

Oltre 114 milioni di persone sono sfollate nel mondo (dati UNHCR 2023). Un campo illuminato di notte non risolve una guerra. Ma può ridare orari, routine, fiducia. Può rimettere vicini ragazzi che non si parlavano più. Può offrire alle ragazze uno spazio sicuro. In tanti luoghi, è già accaduto.

Infantino alza la palla

Tocca alla macchina FIFA trasformare l’annuncio in procedure, budget, bandi. Tocca a noi seguire, chiedere, misurare. Se quel primo fischio d’inizio arriverà, non sarà solo un simbolo. Sarà un metro di prato tracciato su una terra ferita. La domanda è una: sapremo farlo durare anche quando le telecamere si spegneranno?

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