Allo stadio ‘Dall’Ara’ l’aria è rimasta sospesa. Il pari nel derby con il Sassuolo non ha chiuso la questione: l’ha aperta. Bologna ascolta il proprio respiro e si chiede dove mettere il prossimo passo, senza smarrire ritmo e coraggio.
Chi è uscito dalla curva Bulgarelli sabato lo ha sentito sulla pelle. Il pareggio non pesa solo due punti. Pesa domande. Pesa la misura della distanza tra ambizione e quotidiano. Il Bologna ha tenuto campo, ha imposto tempi e geometrie per larghi tratti. Ma la scintilla non sempre ha preso. E qui comincia il discorso che vale più di una reazione a caldo.
C’è una responsabilità che la città sente. Il club ha costruito una credibilità reale. La scorsa stagione ha legittimato la voglia di stare stabilmente in alto in classifica (dato pubblico, fonte Lega Serie A 2023-24). Ora il margine di errore si è assottigliato. Il punto, però, non è il fiato sul collo. È la messa a fuoco di due snodi che il derby ha reso visibili, anche senza statistiche ufficiali post-gara disponibili al momento in cui scrivo.
La fase offensiva arriva bene ai 20 metri. Qui il Bologna deve scegliere con più nitidezza. Cross o combinazione nel mezzo spazio? Punta che attacca il primo palo o taglio sul secondo di un interno? Quando l’azione rallenta, il Sassuolo ha potuto scivolare compatto e chiudere le linee. La soluzione non è sparare più tiri. È alzare la qualità del primo controllo e del penultimo passaggio. Due strumenti pratici: un esterno che giochi forte il “terzo uomo” dentro il campo per liberare il corridoio al terzino, e uno smarcamento sistematico alle spalle del mediano avversario. In alternativa, un breve tratto di gioco più diretto dopo recupero alto, per non permettere alla difesa avversaria di sistemarsi. Qui si gioca la differenza tra creare e trasformare. E qui il profilo della punta conta: serve chi attacca la profondità e libera il rimorchio, non solo chi lega il gioco. Se il mercato offrirà un’occasione, è questo il perimetro tecnico da valutare. In mancanza di dati certi sulla conversione tiri nel derby, il campo ha raccontato una finalizzazione migliorabile.
La seconda crepa è nelle transizioni difensive corte. Quando perdi palla tra le linee, devi scegliere: ri-aggressione immediata a cinque uomini o scappare con la linea. Mezze misure no. In due situazioni, il rischio corsa all’indietro è apparso evidente agli occhi di chi era al Dall’Ara. A questo si somma un tema di palle inattive: la marcatura mista funziona se l’uomo sul secondo palo è “attivo”, non spettatore. Un dettaglio? Sì. Ma sono i dettagli che fanno un punto in più o in meno a maggio. Qui il lavoro di staff e rotazioni conta: gamba fresca al 75’ e comunicazione chiara dal campo. In calendario fitto, la qualità delle rotazioni non è lusso. È protezione del risultato.
Non è un processo freddo. È una scelta di identità. Le due questioni non chiedono strappi, chiedono coerenza. La città lo percepisce quando scende la sera su via Andrea Costa e restano le voci. Il Bologna rossoblù ha struttura, idee, carattere. L’asticella si alza proprio perché la base è solida. La domanda, allora, è semplice e grande: da domani, quale gesto tecnico quotidiano diventa abitudine? Perché spesso la svolta non arriva con un urlo. Arriva con un controllo orientato fatto bene cento volte di fila.
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