Gasperini ripercorre l’addio del Papu Gomez: “Non l’ho mandato via io”. E sulle difficoltà di Pirlo: “L’allenatore si deve formare”
Gian Piero Gasperini, allenatore dell’Atalanta ormai da qualche anno sulla cresta dell’onda per il gioco espresso e i risultati ottenuti dalla sua squadra, ha parlato a ‘Radio Deejay’ spaziando su tantissimi argomenti.
Inevitabile una domanda sul divorzio calcistico dell’anno, quello del Papu Gomez dalla Dea, avvenuto dopo una serie di incomprensioni con l’allenatore. Gasperini, però, non si scompone: “Gomez al Siviglia? Non l’ho mandato via io. Gli sarò sempre grato per tutto quello che abbiamo fatto in questi anni insieme”.
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Riguardo al suo percorso da allenatore: “Io ho fatto tutti gli scalini, sono partito dalle giovanili. Credo di essere cresciuto sempre, sin dagli inizi a Crotone. Ma anche con i ragazzini, sperimentavo metodologie che utilizzo ancora adesso”.
Gavetta che magari è mancata a un tecnico come Pirlo, in grande difficoltà in questo momento? “Ho pensato che la Juventus dovesse avere nei confronti dell’ex giocatore e della persona una fiducia smisurata. Magari hanno l’idea che possa diventare un grande allenatore. Il fatto di avere conoscenze aiuta, ma l’allenatore è tutto un altro mestiere, ti devi formare. Lo puoi fare in tanti modi, magari anche partendo dalla Juve”.
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Sull’ottavo di finale di Champions perso nettamente contro il Real Madrid: “L’obiettivo era restare in partita almeno nel primo tempo e poi rischiare un po’ di più, era comunque difficile. Ci stavamo riuscendo bene. Dire che l’Atalanta fosse favorita era un po’ troppo. Il Real Madrid delle ultime partite lasciava un po’ a desiderare, ma poi quando sono arrivati i momenti decisivi è cambiato tutto”.
Chiusura sul gioco della Dea e sul suo futuro professionale: “L’Atalanta ha la sua identità e gioca sui suoi ritmi, ma in Italia non ci siamo solo noi. Ci piace quando ci lasciano giocare, le interruzioni ci danno fastidio. Per quanto riguarda il futuro, se non mi cacciano sarò sempre a Bergamo, vediamo (lo dice ridendo, ndr). Dieci partite da qui alla fine sono tante”.
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