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Psg-City ha già un verdetto: date un pallone d’oro a Neymar

Scritto da
Marco Giordano

Vince il City nella semifinale con il Psg: Guardiola vede la finale, ma questo Neymar è da pallone d’oro

Vince il City, vince con merito, vince giocando con qualità, vince mostrando un calcio moderno, straordinario. Ma, date il pallone d’oro a Neymar Jr. La sentenza della semifinale di Champions tra Psg e Manchester City è semplice, netta, quasi inequivocabile. Perché il calcio mondiale ha bisogno di dare un segnale: quello che il talento, la classe, l’amore per la giocata, per l’essenza di questo sport deve trionfare.

Il brasiliano, classe ’92, ha visto tanti anni della sua carriera quasi scivolar via alle spalle di Messi e Cristiano Ronaldo: il primo anno senza i mostri sacri, il brasiliano sta salendo in cattedra, lo ha fatto contro il Bayern Monaco nei quarti, si è ripetuto con gli uomini di Guardiola in semifinale. Il Psg lo esalta, Pochettino lo premia: Neymar parte da sinistra, ma non è vincolato a farlo. Si cerca lo spazio, crea lo spazio, dialoga con lo spazio: a tratti ci fa l’amore per la dolcezza con il quale lo accarezza in campo. Dribbling, elastici e sacrificio: mettersi in parallelo con Mbappé in fase di non possesso è lo specchio di quello spirito di sacrificio.

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Kevin De Bruyne (Getty Images)

Talento al potere: Naymar, ma anche De Bruyne

Se il primo tempo è stato quello che ha regalato le giocate del Psg e del suo asso brasiliano, il secondo tempo ha presentato un piano uguale e contrario: perché Mbappé è scomparso, Neymar ci prova, ma non viene supportato. Allora, l’altro pianeta, il terzo è quello di KDB, Kevin De Bruyne. Un altro che non ha il fisico di CR7, che non ha i numeri di Messi, che non ha lo scatto bruciante di Haaland. De Bruyne è l’uomo che mette la tecnica, la qualità, la sensibilità al servizio della squadra. Il ribaltamento del City nella ripresa passa dai suoi piedi, oltre dalla capacità pazzesca di Guardiola di cambiare il volto di una squadra in poche mosse, praticamente senza cambi.

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Anche KDB meriterebbe per tecnica e qualità un riconoscimento, forse anche un monumento. Quel che conta è che questi calciatori spaziali vengano presi da esempio, da modello. Vengano studiati, soprattutto, più che idolatrati. Facciamo pesare di più la tecnica e meno le storie Instagram. Perché il futuro del calcio, al netto delle strategie finanziarie, passa dai piedi, dalla mente e dal cuore di giocatori come questi e di chi li seguirà sul tappeto verde più bello del gioco più bello.

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