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Il Liverpool ha umiliato (ancora) un calcio che cade a pezzi

Scritto da
Mirko Calemme

La gara tra Milan e Liverpool ci ha ricordato la differenza abissale tra la Serie A e il resto dei campionati europei, un tema purtroppo ricorrente

L’uscita di scena del Milan dalla Champions League è l’ennesima batosta per il nostro calcio. Il risultato in sé, visto quel girone, era preventivabile per una squadra fuori dall’Europa che conta da sette anni e con una lunga lista di assenti. La gara di San Siro, però, ci ha ricordato quanto il pallone italiano sia indietro anni luce rispetto a quello degli altri campionati Europei di alto livello, Premier League in primis.

Il Liverpool ha passeggiato a San Siro contro il leader della Serie A nonostante un enorme turnover e senza alcuna necessità di far punti. Dopo l’1-0 di Tomori, i Reds hanno trasmesso una sensazione di superiorità netta, lasciando qualche briciola ai loro rivali solo negli ultimi 10 minuti, quando ormai era tardi.

Il Milan aveva il destino nelle sue mani e non è riuscito ad approfittarne, ma la sua sconfitta è figlia del nostro movimento, come quella dell’Inter a Madrid (al netto di un buon primo tempo). Mentre in Serie A continuiamo ad offrire contratti lunghi e strapagati agli ultratrentenni, in Spagna lanciano nei top-club e in Nazionale ragazzi che non arrivano ai 20 anni.

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Rodrygo (Getty Images)

La Serie A resta tristemente uguale a se stessa

Florentino Perez, nell’ultimo lustro, ha tracciato la strada che dovrebbero seguire anche i padroni del nostro calcio. Ha deciso di puntare solo sui giovani (Vinicius, Rodrygo, Camavinga, presto Mbappé…), rinunciando senza troppi patemi d’animo a leggende come Cristiano e Ramos. Nel frattempo, ha investito tutto il possibile sul nuovo Bernabeu, rilanciando un impianto che era già eccellenza. Pensiamo allo stadio di Madrid che verrà e volgiamo allo sguardo alle cattedrali della Serie A, dove siamo costretti a esaltarci per qualche sediolino colorato. Avvilente.

Non ci inganni l’impresa della Nazionale a Wembley: se il nostro movimento rischia di restare (almeno) 12 anni senza un Mondiale, se non vince una Champions da un decennio e una Europa League da un ventennio, è perché continuiamo a guardare il dito e non la Luna. Non basterà vietare o limitare gli effetti delle plusvalenze per salvarlo, come vogliono farci credere in questi giorni.

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Per ridare credibilità al nostro calcio servono innanzitutto nuove idee, club che valorizzino i settori giovanili con centri sportivi all’avanguardia, la costruzione di nuovi stadi con l’appoggio delle istituzioni, allenatori e dirigenti che puntino davvero sui giovani… Sono slogan triti, me ne rendo conto, ma ciò che è normalità in Inghilterra (che pare vivere in un altro universo), Germania e Spagna, da noi è ancora utopia. Continuiamo a parlarne, a ripetercelo, ma gli anni passano e restiamo tristemente uguali a noi stessi.

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