Una corsa vissuta senza fughe, ma con una costanza diversa da tutte le altre. I numeri raccontano qualcosa che non era mai successo prima. Due dati, piccoli e silenziosi, che diventano grandi nella storia del campionato
Non tutti i titoli si assomigliano. Alcuni restano impressi per la bellezza del gioco, altri per la forza del gruppo, altri ancora per le montagne russe emotive. Poi ci sono quelli che entrano nella storia… per motivi un po’ diversi. E quello che il Napoli sta cercando di prendersi sul filo dell’ultima giornata rischia di finire in una categoria tutta sua.
La stagione degli azzurri è stata tutto fuorché lineare. Tra pause, inciampi, rilanci e momenti di puro equilibrio tattico, la squadra di Conte è rimasta aggrappata al vertice più per inerzia generale che per vera fuga. E adesso, mentre tutti si preparano a scoprire il verdetto finale, emerge un dato curioso. Anzi, due. E fanno riflettere più di tante analisi.
Facciamo finta che vada tutto secondo copione: il Napoli vince a Cagliari, si porta a 82 punti, e si cuce il tricolore sul petto. Fine della storia? Macché. Perché 82 punti, in un campionato a 20 squadre con i tre punti a vittoria, sono pochissimi. Lo sono oggettivamente, senza bisogno di confronti arditi.
Basta uno sguardo agli almanacchi: solo due squadre hanno vinto lo scudetto con così poco nell’era dei campionati a 3 punti da 20 squadre. L’Inter di Mourinho nel 2010, in un’annata però in cui le forze erano equamente distribuite e la Champions era il chiodo fisso. E il Milan di Allegri nel 2011, che pure in campionato aveva dominato con più continuità di quanto dicano i numeri. Entrambe a 82: punteggio più basso mai verificatosi.
Tutte le altre vincitrici sono andate più su, spesso ben oltre: Juve, Inter, Milan, Napoli stesso, tutte sopra gli 83-84 almeno. È un campionato strano, d’accordo, basta guardare la lotta salvezza thriller. Ma 82 punti sono e restano una quota da “scudetto col brivido”.
Ma il vero cortocircuito arriva quando si guardano i gol. Perché questo Napoli, che potrebbe laurearsi campione d’Italia tra pochissimi giorni, ha segnato appena 57 reti. Con una partita ancora da giocare, sì, ma anche facendo bottino pieno, arriverebbe al massimo a quanto? 60? E questo, in tutta onestà, è davvero sorprendente.
Mai nessuno aveva vinto lo scudetto con un attacco così poco produttivo. Il record negativo apparteneva finora al Milan 2011, che si era fermato a 65. Ma da allora in poi le cifre sono sempre state diverse: 70, 75, 80, in certi casi anche 89 gol stagionali. Un campione d’Italia dovrebbe straripare, almeno in una fase del torneo. Questo Napoli, invece, ha quasi sempre marciato in punta di piedi. Peggio di così solo la Juventus 1996-97, con 51 reti. Ma lì il campionato era a 18 squadre.
È il segno di un’epoca diversa? Può darsi. Di un calcio più tattico? Anche. Ma forse è semplicemente lo stile di Antonio Conte. Uno che predica il lavoro sporco e poi, quando serve, tira fuori la baionetta. Uno che non chiede alle sue squadre di incantare, ma di azzannare. C’è un certo gusto nell’andare contro le regole non scritte. Il Napoli lo sta facendo, in modo quasi impercettibile. Mentre gli altri inciampavano, lui avanzava un metro alla volta. Con un gol alla volta. Pochi, spesso brutti, ma decisivi.
Alla fine conterà solo la classifica. Ma se qualcuno un giorno dovesse sfogliare gli archivi per capire com’è andata questa stagione, potrebbe anche storcere il naso. E chiedersi: com’è possibile vincere con così poco? La risposta, forse, è semplice. Perché a volte serve solo essere quelli che cadono meno. Anche se segnano meno di tutti.
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