Un errore sotto porta che sa di disastro, una rissa mancata in panchina e un talento che si spegne sul più bello: la Flop Parade di questa settimana non fa sconti
Il campionato si avvia al tramonto, ma gli scivoloni continuano a fioccare. Anzi, in certi casi, è proprio quando il traguardo è vicino che l’attenzione cala, la lucidità svanisce e le gaffe diventano fragorose.
Nella Flop Parade di questa settimana ci sono tre volti noti, tre nomi pesanti che – per motivi diversi – si sono presi i titoli. Ma non quelli belli. C’è chi ha sbagliato il gol della stagione, chi si è lasciato andare a scene da film di quartiere e chi, tra una camminata svogliata e una giocata molle, ha messo la firma su un finale tutto da dimenticare.
Ci sono errori. E poi ci sono tragedie sportive. Quella di Marko Arnautovic nella sfida contro la Lazio rientra decisamente nella seconda categoria. Palla perfetta, porta spalancata, tempo per scegliere. E lui? La liscia, senza complimenti. Sembra un replay venuto male, un giocatore da dilettanti allo sbaraglio catapultato all’improvviso in una finale mondiale.
Quel gol, se segnato, poteva significare scudetto. E invece resta negli occhi e nei titoli come un disastro. Bocciato. Senza attenuanti. Perché puoi sbagliare uno stop, una sponda, ma non puoi sbagliare quello. E così Arnautovic si trasforma dall’uomo che poteva battere un record assurdo col doppio triplete all’uomo che nega all’Inter perfino il doblete. Che strana la vita!
Ci mancava solo il crossover tra Fonzie, Rambo e Rocky. Antonio Conte, durante Napoli-Inter, ha offerto uno spettacolo extra calcistico ai limiti del surreale. Scambio acceso con Chivu, urla, gesti plateali e quella postura da “vieni fuori che te lo dico in faccia” che stona parecchio in una panchina di Serie A, per quanto possa essere alta la posta in palio.
Il tutto condito da una tensione fuori scala, per una partita che pure aveva già il suo peso specifico. Ma il mister azzurro ha deciso che la scena doveva essere tutta sua. E ci è riuscito. Peccato che non fosse un film d’azione. E che certe scene, da bronx pallonaro, lascino il tempo che trovano. Un po’ di misura, ogni tanto, non guasterebbe. Nemmeno a lui.
Era partito così così, ha finito anche peggio. Rafael Leão, entrato in campo con l’energia di uno che è appena uscito da una riunione condominiale, ha offerto un’altra prestazione incolore. In uno dei momenti più delicati della stagione, si è fatto trovare blando, svogliato, con quella solita andatura da “quando mi va, accelero”. Ma stavolta non gli è andata. E nemmeno al Milan, che infatti deve fare valutazioni serie sul suo futuro.
Ciliegina sulla torta? Un gol clamorosamente sbagliato, con il corpo fuori tempo e lo sguardo altrove. Un talento puro, certo. Ma inutile se non lo metti al servizio della squadra. E quando i riflettori si accendono e tu resti in ombra, la sensazione è che il problema non sia solo fisico. Ma di testa.
L’ultima curva non perdona. E i flop si vedono anche da lì. Tre nomi, tre momenti diversi, ma un filo comune: il peso delle aspettative tradite. Quando si arriva alla fine, non basta aver fatto qualcosa di buono prima. Conta come chiudi, come rispondi nel momento cruciale.
E Arnautovic, Conte e Leao hanno sbagliato il finale. E in certi casi, più che un errore, sembra proprio un’occasione sprecata.
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