Turchia in pressing, Milano che sogna. Vlahovic cammina sul filo e prova a scegliere il domani. Tra dubbi, promesse e una panchina nuova di zecca, la svolta può nascere dove nessuno l’aspettava
Se qualcuno pensava che la Juventus avrebbe avuto difficoltà a vendere Dusan Vlahovic, ebbene, si sbagliava di grosso. Intorno al bomber serbo sta nascendo un interesse niente male. Certo, non da parte dei club a cui lui strizzava l’occhio – la Premier League sembrava il suo habitat naturale fino a due anni fa – però le chiamate in sede arrivano eccome. Sono diversi i dirigenti che bussano alla Continassa per chiedere informazioni sul conto del centravanti bianconero.
Dal Bosforo soffia il vento più caldo. Il Fenerbahce ha messo Vlahovic in cima alla lista degli obiettivi e José Mourinho sta spingendo forte con la proprietà. Contratto ricco, posto da titolare garantito, stadio che vibra ogni weekend: l’offerta c’è, le pressioni pure e magari potrebbe anche nascere una concorrenza col Galatasaray se i giallorossi non riuscissero a riconfermare Osimhen. Eppure, dentro la testa di Dusan persistono dubbi ingombranti come un difensore turco dal metro e novanta.
Il nodo non è soltanto tecnico. Alla Juventus pretendono una cifra importante per il cartellino (ben oltre i 30 milioni ipotizzati dai turchi) e il ragazzo guadagna dodici milioni netti. Numeri che, sommati, diventano un’enormità per qualunque club fuori dal giro dei super fatturati.
E qui spunta la seconda tentazione. Il Milan, fresco di ritorno di Massimiliano Allegri, studia un’operazione tutta da incastrare: prendere Vlahovic e raddoppiare gli effetti del cambio di panchina con un colpo mediatico da San Siro sold-out. Allegri lo conosce, lo stima, lo vorrebbe per ridisegnare l’attacco. Ma di nuovo, la montagna di soldi pesa. Dodici milioni di stipendio sono un muro alto, e alla Juventus, per ora, non hanno visto offerte che li convincano a concedere lo sconto.
Fra cifre che non tornano e richieste fuori portata, la trattativa resta un puzzle. E così, zitta zitta, si fa largo un’idea che soltanto un mese fa sarebbe sembrata assurda: Vlahovic resta dov’è. Resta Igor Tudor, uno che lo stima tantissimo e avrebbe voluto rigenerare già da quando è arrivato, e cambia la narrazione. Perché da sempre Tudor vorrebbe renderlo la pietra angolare del nuovo progetto, non un peso da scaricare altrove.
La tournée estiva negli Stati Uniti sarà più di una passerella commerciale: servirà a riaccendere l’intesa. Chiacchierate negli hotel (la prima è prevista proprio oggi con Comolli, ndr), sedute video, piani personalizzati sul campo. Il tecnico croato ha un obiettivo preciso: restituire a Vlahovic il feeling con il gol e con la Juventus, in modo da convincerlo a rinegoziare il contratto. L’idea è semplice, almeno sulla carta: stipendio spalmato su più anni, bonus pesanti legati a gol e piazzamenti, clausole accessibili al club e motivanti per il giocatore.
Certo, chiedere a un ragazzo di 25 anni di rinunciare a una fetta di ingaggio non è banale. Ma Tudor ha l’argomento che vale doppio: tornare capocannoniere indossando la maglia più pesante d’Italia significa rivalutarsi come poche altre cose al mondo. E allora l’ipotesi impensabile prende forma. Restare, segnare, rifarsi un nome in Serie A. Volendo è un’ipotesi che può realizzarsi anche senza rinnovo, con uno scenario che ad esempio in Germania è all’ordine del giorno.
Nel calcio, si sa, bastano tre partite per cambiare umore a un intero ambiente. Se Vlahovic inizia la stagione segnando, gli applausi cancellano le ombre, le plusvalenze passano in secondo piano, e il mercato smette di essere un’ossessione. A quel punto, la storia può girare in fretta: restare alla Juve diventa strategia, non ripiego. Meno soldi subito, più soldi e più gloria domani. Perché certe sfide, a volte, valgono più di un contratto a sei zeri. Basta volerle, e credere a chi ti tende la mano dalla panchina.
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