Tre indizi, una direzione chiara. Il Bologna sceglie la concretezza senza rinunciare al coraggio. La “firma” non è visibile, ma chi ha memoria sa leggerla bene
Il Bologna sta lavorando forte, e non è solo una questione di nomi. È proprio un cambio di mentalità. Due cessioni pesanti – Beukema già salutato, Ndoye in uscita – che frutteranno circa 80 milioni di euro.
Una cifra enorme per un club che, fino a due anni fa, ragionava in modo molto diverso. Ma il salto è stato fatto, ora bisogna capire se è stato solo un rimbalzo o se si può iniziare a correre sul serio. E occhio, perché da come si sta muovendo Sartori, sembra che la risposta sia già chiara.
L’anno scorso Vincenzo Italiano ha fatto un lavoro pazzesco. Ma c’è stato anche qualche passaggio a vuoto. Niente di sorprendente, anzi. Una squadra piena di ragazzi talentuosi, con pochi minuti internazionali nelle gambe, qualche scivolone se lo può permettere. Ma quest’anno no. Quest’anno ti aspettano. Ti studiano. E per non restare vittima delle aspettative, serve qualcosa in più.
E quel qualcosa in più, guarda caso, ha una faccia precisa: l’esperienza.
Immobile, Bernardeschi e Pessina: non è nostalgia, è strategia
Il primo segnale forte è l’arrivo di Ciro Immobile. Non più un centravanti da 30 gol, forse. Ma uno che sa che cos’è la responsabilità. Che sa portare peso sulle spalle quando il giovane (e ottimo) Castro avrà bisogno di respirare. È un’alternativa di lusso, certo, ma anche un modello, un consigliere, uno che se c’è da prendersi un rigore all’85’ lo fa senza pensarci due volte.
Poi c’è Bernardeschi. Uno che in molti davano per sparito, ma che può ancora dare tantissimo. Non sarà titolare fisso, ma potrà entrare, cambiare fascia, dare equilibrio. In una squadra dove l’estro abbonda, ci sta anche uno che sa quando semplificare. E magari, ogni tanto, ti fa pure il gol decisivo.
E ora si punta a Pessina, ennesimo colpo di una campagna acquisti importantissima. Anche lui reduce da stagioni non banali, anche lui protagonista a Euro 2021. Centrocampista intelligente, capace di occupare più ruoli, con senso tattico e piedi educati. Non è ancora fatta, ma l’interesse è reale.
C’è un filo che unisce questi tre nomi: tutti hanno fatto parte della Nazionale di Mancini campione d’Europa. Non è un caso. Non è nostalgia. È visione. Il Bologna non vuole più solo lanciare i giovani e venderli. Vuole diventare squadra vera, con un’anima riconoscibile, e possibilmente anche un po’ tosta. Questi tre, in quel gruppo lì, hanno imparato cosa serve per arrivare in fondo.
Immobile, Bernardeschi, Pessina. Tre indizi. Non un’operazione di marketing. Non un revival. Tre scelte tecniche, precise, che raccontano una direzione.