Dal Salento all’Europa, passando per colpi inattesi e intuizioni geniali: la storia recente del Lecce è fatta di scommesse vinte e di un progetto che resiste al tempo
In un calcio che brucia milioni come fiammiferi sotto il vento, c’è chi continua a scrivere la propria storia con un’arte antica e insieme modernissima: quella delle plusvalenze.
Il Lecce, nel suo percorso fatto di cadute e risalite, ha trovato la sua bussola in un dirigente che da anni conosce solo un verbo: scovare. Perché per Pantaleo Corvino e Stefano Trinchera non si tratta solo di comprare bene e vendere meglio, ma di leggere il futuro negli occhi di un ragazzo appena arrivato da un campionato sconosciuto.
I numeri parlano da soli. Basta guardare a ciò che è successo con Nikola Krstovic, acquistato per meno di 4 milioni dal Dunajska Streda e rivenduto all’Atalanta a circa 30 milioni, bonus compresi dopo essere stato seguito anche da Napoli e Roma, tra le altre. Una di quelle operazioni che fanno alzare le sopracciglia e che confermano la logica spietata ma vincente: il Lecce sopravvive perché sa trasformare i suoi gioielli in ossigeno economico.
Eppure Krstovic non è un caso isolato, anzi è soltanto l’ultimo della lista. La copertina, per forza di cose, va a Patrick Dorgu. Pagato appena 200 mila euro al Nordsjaelland, il terzino danese è diventato in poco tempo una delle pedine più ambite d’Europa. A gennaio il Manchester United ha deciso di investire 40 milioni per portarlo via dal Salento e schierarlo in campo, fra alti e bassi: un affare che definire colossale è poco.
Poi c’è Marin Pongracic, riscattato dal Wolfsburg per 1,5 milioni e girato alla Fiorentina a 15. O ancora Valentin Gendrey, pescato in Francia per 300 mila euro e rivenduto all’Hoffenheim a 8 milioni. Tutti esempi di un filo rosso che lega intelligenza e pazienza, due qualità che spesso mancano nel calcio moderno, dove si rincorrono solo i nomi già pronti.
Chi pensa che sia un fenomeno recente, però, si sbaglia di grosso. Perché basta andare indietro di qualche anno per trovare altri affari entrati di diritto nella memoria collettiva.
C’è Morten Hjulmand, centrocampista acquistato dall’Admira per 2,5 milioni e poi volato allo Sporting Lisbona per 21 fino a diventare il sogno proibito della Juventus per il doppio della cifra.
Ma soprattutto ci sono i colpi che hanno fatto la fortuna del Lecce nei primi anni Duemila: Mirko Vucinic, preso dal Sutjeska per 400 mila euro e rivenduto alla Roma per 19 milioni; Valeri Bojinov, arrivato al costo simbolico di 15 mila euro e passato alla Fiorentina per 14 milioni; Ernesto Chevanton, sbarcato dal Danubio a 7 milioni e ceduto al Monaco a 10.
E se si scende ancora più nel dettaglio, spunta persino la storia di Cristian Ledesma, arrivato gratis dal Boca Juniors e ceduto poi alla Lazio per 6 milioni. Un manuale di economia applicata al calcio, pagina dopo pagina. Mettendo insieme tutte queste operazioni, senza neppure considerare le cessioni minori, il totale sfiora i 150 milioni di euro.
Un tesoro accumulato senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: mantenere il bilancio in attivo e dare continuità a un club che non ha mai potuto contare su mecenati disposti a coprire i buchi: nove campionati di Serie A, quattro di Serie B con tre promozioni conquistate. Idee e tanta furbizia: così si può competere anche nel calcio delle spese folli.
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