Un contatto di gioco, una segnalazione pesante e mesi di attesa. Alla fine è il Tribunale a fare chiarezza su una vicenda che aveva fatto discutere.
L’episodio aveva acceso subito discussioni e telefonate tra dirigenti, genitori e addetti ai lavori. Un contatto duro, un avversario a terra, poi la sensazione che non si trattasse del solito scontro di gioco.

Tutto nasce durante Savoia 1908-Academy Mariglianese, gara del campionato Under 18 (girone D) disputata il 16 febbraio 2025. Secondo la segnalazione presentata dopo la partita, al 40’ del primo tempo un calciatore del Savoia avrebbe colpito l’avversario all’orecchio destro, provocando una lesione all’orecchio e una perforazione della membrana timpanica, con conseguente necessità di cure e intervento.
Da lì il passo verso la giustizia sportiva è stato rapido. La Procura Federale FIGC ha avviato l’istruttoria e ha poi formalizzato il deferimento, contestando la violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva, cioè i riferimenti che richiamano i principi di lealtà e puniscono le condotte ritenute violente.
In sostanza, l’ipotesi era quella di un gesto intenzionale e punibile, con una richiesta chiara: dieci giornate di squalifica da scontare nel campionato di competenza, oltre alla posizione della società chiamata in causa per la responsabilità oggettiva.
Il caso è arrivato al Tribunale Federale Territoriale per la Campania, riunito l’1 dicembre 2025. In udienza, la difesa del calciatore ha sostenuto una lettura diversa dell’episodio: non un pugno, non una volontà di colpire, ma un contatto accidentale nel voltarsi durante un’azione di gioco.
Il deferimento rigettato e la strategia difensiva dell’avvocato
Il deferito era assistito dall’avvocato Vincenzo Visone, legale esperto in diritto calcistico, che si è riportato alla memoria difensiva già depositata agli atti, insistendo sul punto chiave: la mancanza di certezza nella ricostruzione accusatoria e l’assenza di elementi univoci.

Nella valutazione del Collegio, un tema ha pesato più di altri: la qualità delle dichiarazioni raccolte in fase di indagine. Il Tribunale ha rilevato che la maggior parte dei racconti acquisiti era “de relato”, cioè riferita da soggetti che non avevano assistito direttamente all’azione.
L’unica dichiarazione non “de relato” proveniva da un dirigente presente alla gara, ma conteneva incongruenze rispetto al fascicolo: l’episodio veniva collocato in un momento diverso, la dinamica oscillava tra schiaffo e pugno, e perfino il ruolo in campo del calciatore risultava descritto in modo non del tutto coerente.
Il punto che ha fatto davvero la differenza, però, è stato il referto e l’audizione del direttore di gara. L’arbitro ha confermato di non aver visto nulla alle proprie spalle e, soprattutto, di non essere stato richiamato da nessuno durante la partita. Ha aggiunto di non aver appreso l’esistenza dell’episodio neppure negli spogliatoi.
Per il Tribunale, questa versione è risultata attendibile perché proveniente da un soggetto terzo e neutrale, e ha finito per smentire la ricostruzione più “carica” proposta da una parte delle dichiarazioni. In questo quadro, è parsa più verosimile l’ipotesi dello scontro di gioco senza volontà di colpire.
Alla luce di questi elementi, il Tribunale Federale Territoriale per la Campania ha ritenuto infondato il deferimento, evidenziando che mancava una prova certa della responsabilità. Il dispositivo è stato netto: rigetto del deferimento e nessuna sanzione disciplinare applicata. Resta un passaggio che vale oltre il singolo caso: quando l’episodio non viene rilevato sul momento e le versioni non coincidono, la giustizia sportiva chiede un quadro probatorio solido. Altrimenti, la sanzione si ferma prima ancora di partire.





