A volte basta una partita per capire tutto. La Roma ha trovato la sua strada: ora tocca a chi siederà in panchina non sbagliare più
A volte serve uno schiaffo in pieno volto per accorgersi di cosa si ha davanti. Altre volte basta un derby. Perché dentro a certe partite non c’è solo la solita adrenalina, i soliti sfottò o la solita tensione che ti tiene sveglio la notte prima.
Dentro a certe partite c’è molto di più. Ci sono risposte. Magari non definitive, certo. Ma abbastanza chiare da far saltare all’occhio quello che prima si faceva finta di non vedere.
Chi ha visto giocare Matías Soulé contro la Lazio lo avrà pensato almeno una volta: “Ma come ha fatto questo ragazzo a stare così tanto in panchina?”. Bella domanda. La risposta, come spesso capita nel calcio, è nascosta in quel groviglio di scelte e incastri che decidono le stagioni.
Se la Roma ha speso circa 30 milioni per Soulé, va da sé, era perché fosse un protagonista. E se c’è stato un peccato originale in questa stagione giallorossa è proprio stato l’equivoco creatosi con Dybala. L’idea di partenza era semplice: cessione (in Arabia) della Joya, un esterno sinistro e tridente con Soulé. Poi Paulo ha cambiato idea. È rimasto. E da lì in poi sono iniziate le complicazioni.
A pagarla è stato il più giovane, quello che alla fine si può anche mettere in panchina senza troppi sensi di colpa. Prima De Rossi, poi Juric, e infine pure Ranieri hanno dovuto farlo, e lui si era un po’ eclissato. Fino a che però non è successo quello che spesso succede nel calcio: un infortunio di chi sta davanti, una chance che sembra casuale, e un talento che finalmente esplode.
Perché il derby, per Soulé, è stato molto più di una partita. È stato uno sblocco emotivo, con quel gol meraviglioso e l’esultanza liberatoria: un segnale lanciato non solo ai tifosi, ma soprattutto a chi dovrà costruire la Roma del futuro.
Lo ha capito anche Ranieri, che nelle ultime settimane lo ha rimesso al centro del gioco con una continuità che prima non aveva mai avuto. Ora però deve veicolarlo anche a quella che sarà la scelta sul futuro della Roma.
Perché a questo punto la strada è tracciata: Soulé è il giocatore attorno al quale va costruita la prossima Roma, così come doveva essere la scorsa estate. E per farlo serve un allenatore che parli la sua lingua calcistica: tridente, 4-2-3-1, chiamatelo come volete, ma l’idea è quella.
Ed è qui che il derby diventa, indirettamente, un indizio sul mercato degli allenatori. Serve qualcuno che lo possa costruire la squadra su un talento così creativo e dargli un senso tecnico-tattico. Non è un caso che il nome di Stefano Pioli continui a circolare dalle parti di Trigoria. Lui, ad esempio, sarebbe un profilo perfetto per la Roma che verrà.
Ma anche se non sarà lui, l’identikit è ormai chiaro. Il prossimo allenatore della Roma dovrà essere, prima di tutto, pronto a costruire la squadra attorno a Soulé e ai talenti che la Roma ha già in suo possesso. Non si può sbagliare di nuovo, altrimenti si rischia di fare la fine dello scorso anno, quale che sia il tecnico che arriverà.
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