Alcune parole possono cambiare tutto. Dybala parla del domani, e qualcosa suona diverso. E la Roma, nel frattempo, ha imparato a camminare da sola
Certe notizie non fanno rumore. Non arrivano con breaking news o dirette infuocate. Passano leggere, quasi in silenzio. Ma restano lì, come il profumo del caffè in una stanza: a un certo punto, tutti la sentono.
L’intervista di Paulo Dybala è spuntata così, nel bel mezzo di una calma apparente. Senza proclami, senza effetti speciali. Lui, sorridente, rilassato, fresco di operazione. Ha chiuso la stagione con qualche settimana d’anticipo per risolvere un fastidio muscolare che lo tormentava da un po’. Ufficialmente, per prepararsi meglio alla prossima annata con la Roma.
Ma è proprio qui che il discorso si fa interessante. Perché quella contro il Cagliari, in fondo, potrebbe essere stata l’ultima. E non è solo una suggestione da bar.
Che l’estate avrebbe rimesso tutto in discussione, era abbastanza chiaro. Dybala è sempre stato un giocatore da conversazioni lunghe, da clausole, voci, sliding doors. Non è mai stato uno da “tutto e subito”, più spesso è un “vediamo”.
Ma stavolta il “vediamo” ha preso una piega diversa. Le sue parole hanno lasciato spazio a interpretazioni. E soprattutto a una certezza: sta ascoltando altre proposte.
Il richiamo del Boca Juniors non è una suggestione romantica. È una voce che gli ronza nella testa, sospinta anche da Leandro Paredes, che nella Roma ci gioca ancora, ma che a casa pensa già alla Bombonera. Lo chiama, lo sprona, lo vuole. E Paulo, per la prima volta, non dribbla la questione. Dice che ci sta pensando. E quando un argentino dice così, il pensiero è già diventato decisione a metà.
Ma non c’è solo l’Argentina. C’è la Liga, mai davvero frequentata, ma sempre sognata. C’è il sole, il gioco tecnico, il calcio meno fisico: tutto quello che lo affascina da sempre. E poi c’è il solito spettro dorato, quello che sa di Arabia Saudita, di contratti pesanti, di voli che costano quanto le carriere intere. Il calcio saudita non è sparito: è lì che aspetta, come un miraggio con la carta di credito in mano.
Ora, la parte interessante è un’altra. Non è solo Dybala che sembra pronto a cambiare aria. È anche la Roma che, in qualche modo, si sta abituando all’idea. E lo sta facendo senza troppi traumi.
C’è un dato che circola a Trigoria, e che qualche dirigente ha cominciato a far notare con una certa frequenza. Una di quelle cifre secche, che si incastrano in una frase e diventano concetto: 0,68. Tanti sono i punti in più che la Roma ha fatto in media quando lui non c’era.
L’avevamo già visto qualche settimana fa, ma entriamo nel dettaglio con la versione aggiornata: sono 36 i punti in 24 partite di serie A con Dybala, con la media di 1,50 a partita, mentre se guardiamo quelle senza di lui in campo parliamo di 21 punti in sole 10 partite, con la media di 2,18. Fanno 0,68 punti di differenza, e sono tanti.
Certo, sarebbe scorretto imputare tutto alla sua presenza o alla sua assenza. Il calcio è una somma di mille cose. Però è un numero che racconta qualcosa. Che inizia a suggerire un’idea: forse la Roma senza la Joya non è poi così persa.
Anche perché nel frattempo qualcuno ha alzato la mano e si è preso la scena. Parliamo di Matías Soulé, che dopo tante difficoltà iniziali è arrivato con un bagaglio pieno di gol, dribbling e convinzione. È giovane, è leggero, è affamato. E, soprattutto, occupa lo stesso spazio nel campo (e nel progetto) di chi potrebbe partire.
È per questo che, oggi, l’eventualità di un addio non agita nessuno. Né la Roma, che risparmierebbe un ingaggio pesante e potrebbe reinvestire. Né Dybala, che ritroverebbe forse un calcio più adatto a sé. E nemmeno i tifosi, che lo hanno amato ma che ora guardano avanti, senza troppa nostalgia.
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