Giuntoli sapeva che era finita, ma ha provato comunque a lasciare un’ultima impronta. Un nome diverso per la panchina, un’idea che non ha convinto nessuno. Il resto è una Juve che ha già voltato pagina
La separazione tra la Juventus e Cristiano Giuntoli non è stata una separazione serena. Né reciproca. E nemmeno diplomatica. Chi l’ha raccontata da vicino parla di un incontro piuttosto teso con John Elkann, che non si è limitato a comunicare l’esonero, ma ha anche congedato il dirigente con decisione netta, senza giri di parole.
L’accordo per la risoluzione del contratto poi è stato trovato. Ma Giuntoli, in questi mesi, non ha vissuto bene. Era in bilico tra una conferma al ribasso, con meno potere e meno spazio, e un’uscita di scena definitiva. Alla fine è andata così. Licenziato senza troppi preamboli dal massimo esponente del club.
Il passaggio di consegne era iniziato da un pezzo. Bastava guardare le trattative per rendersene conto. Non era più la Juve di Giuntoli. Era già qualcosa di nuovo, qualcosa in cui lui non c’entrava più. Le mosse partivano da altre scrivanie, da altri telefoni, da altri messaggi. E infatti, al suo posto è arrivato Damien Comolli. Uno abituato a decidere, non a fare il secondo. Con lui ci sarà Giorgio Chiellini, che già da tempo era stato individuato come volto spendibile per la ricostruzione tecnica e identitaria del club.
La scelta di Antonio Conte è stata uno spartiacque. Ma anche un segnale. Un allenatore scelto dalla proprietà, non da Giuntoli. Conte rappresentava un taglio netto con Giuntoli, come vi abbiamo raccontato. Un’idea tattica e caratteriale che non ha nulla a che vedere con quella di Thiago Motta, che invece era l’uomo scelto e seguito da Giuntoli, fino all’ultimo.
E proprio fino all’ultimo, l’ormai ex dirigente ha provato a dire la sua. A rilanciare. A lasciare almeno un’idea, un’impronta, un colpo di coda. Il nome che ha provato a spingere è stato quello di Gian Piero Gasperini.
Gasperini non era solo un piano alternativo. In realtà, per Giuntoli, Gasperini era il nome giusto a prescindere. Quello che avrebbe potuto conciliare grinta, disciplina e anche un’idea di gioco meno rigida, più moderna. Gasperini è un tecnico ruvido, sì. Ma porta con sé anche un’idea di calcio verticale, offensivo, coinvolgente. Un calcio che avrebbe potuto rappresentare la vera svolta, se solo ci fosse stata la volontà di costruire qualcosa partendo da lì.
Invece no. La proprietà aveva già scelto la sua strada. Ha prima flirtato con Conte, poi è rimasta col cerino in mano. E ha finito per confermare Igor Tudor, prima al Mondiale per Club poi chissà. Ormai sono tante le possibilità che Tudor da traghettatore si trasformi nel prossimo allenatore della Juve, quindi molto più di un piano C. Alla fine, quindi, niente Gasperini, niente Conte – che si è defilato e ha accettato il Napoli – e soprattutto niente Giuntoli.
Un’uscita senza cerimonie, senza saluti pubblici, senza un ringraziamento. La nuova Juve ripartirà da altre figure e da un altro disegno. Giuntoli ha provato fino all’ultimo a dare un senso alla sua stagione juventina. Ma quando ti accorgi che le porte si stanno già chiudendo alle tue spalle, l’unica cosa che resta da fare è uscire.
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