Tra le mura della Juventus il gelo non è solo apparente. Chi comanda davvero non è più scontato. E mentre i riflettori sono altrove, la vera partita si gioca sopra la linea del campo
La calma apparente non è una vera calma. Chi frequenta da vicino il mondo Juventus lo sa: quando tutto sembra sotto controllo, è proprio lì che si accendono le scintille. E oggi, di scintille ce ne sono parecchie. Non nei corridoi dello spogliatoio, ma tra le scrivanie, dove si decide davvero la sorte di una stagione. O forse di un’intera era.
Perché un conto è progettare una rifondazione. Un altro è ritrovarsi nel bel mezzo di un regolamento di conti. E se all’inizio sembrava tutto parte di un normale riassestamento post-Allegri, ora il clima ha preso una piega diversa. Fredda, per usare un eufemismo. Con una definizione che qualcuno che gravita attorno alla Continassa ha già usato senza troppi giri di parole: “guerra fredda”.
La figura di Cristiano Giuntoli, almeno fino a poche settimane fa, sembrava intoccabile. L’uomo venuto da Napoli per guidare la rinascita bianconera, con in tasca il know-how di chi ha appena vinto uno scudetto da favola. Ma a Torino le favole piacciono solo se portano risultati immediati. E soprattutto, se non pestano piedi sbagliati.
La scelta di Thiago Motta per la panchina non aveva convinto tutti. O meglio: ha scontentato chi avrebbe voluto un’altra direzione. Un altro profilo, un altro tipo di leadership. Il mancato approdo di un nome ben più ingombrante ha lasciato strascichi, poi il progetto Motta è fallito e la bomba è scoppiata. Oggi Giuntoli non è più così saldo e altri potrebbero trarre vantaggio da questa situazione.
La “voglia di Conte” e la spinta per depotenziare Giuntoli
A far rumore non è solo ciò che Giuntoli ha fatto, ma soprattutto chi, dentro la Juventus, avrebbe voluto che facesse altro. E lì entrano in scena tre figure chiave: Giorgio Chiellini, Francesco Calvo e il nome a sorpresa, Matteo Tognozzi, pronto a rientrare dopo l’addio al Granada.
depotenziare Giuntoli (LaPresse) – serieanews.com
Loro avrebbero spinto per una soluzione diversa. Sostenevano un tecnico dal carisma più “pesante”, con il pedigree e la voce per farsi sentire anche a fari spenti, come Antonio Conte, non a caso cercato a più riprese dopo il ko di Thiago Motta. E ora chiedono una cosa semplice: più voce in capitolo. Più spazio decisionale.
Una richiesta che, tradotta dal politichese societario, significa: meno potere per Giuntoli. Il timone del mercato, finora gestito quasi in autonomia, rischia di diventare un volante a quattro mani. O peggio, a troppe mani.
Il vero segnale, però, è arrivato dall’alto. Giuntoli aveva chiuso un accordo con Roberto Mancini fino al 2026. Tutto fatto, tutto pronto. Ma a mettere il veto è stato John Elkann, scegliendo di virare su Igor Tudor. Una decisione che racconta bene chi comanda davvero, ma soprattutto quanto l’equilibrio interno sia saltato. Non si tratta solo di una preferenza tattica. È un gesto politico.
Nel frattempo, mentre le correnti si riorganizzano, altri nomi circolano come alternative o piani B: Gasperini, ben visto da Chiellini. Pioli, già attenzionato anche dalla Roma. E perfino Mancini, che resta comunque una figura da tenere d’occhio.
Intanto Antonio Conte, il grande escluso, per ora non sembra più nei radar bianconeri. Da Napoli fanno sapere che resterà lì, con De Laurentiis a fare da scudo. Ma il fatto stesso che il suo nome continui ad aleggiare come un fantasma, dice molto. Conte è un’ossessione non detta, una nostalgia che divide più che unire.
Alla Juventus si discute di futuro. Ma prima, bisognerà capire chi sarà autorizzato a scriverlo.