L’arrivo di De Bruyne accende la fantasia dei tifosi azzurri, ma Conte ha già un piano chiaro su come gestirlo. Le indicazioni di Napoli-Arezzo mostrano la direzione scelta dal tecnico
A Dimaro è iniziata finalmente la magia: Kevin De Bruyne con la maglia del Napoli è già realtà. La prima amichevole con l’Arezzo è finita con un sorprendente 0-2, ma nessuno ha fatto drammi neanche tra i tifosi. Anche perché la notizia di giornata non era certo il risultato, ma vedere finalmente KDB in maglia azzurra in una partita vera.
L’effetto è quello di vedere un’opera d’arte su una parete di casa: l’occhio fa fatica a credere che sia proprio lì, davanti a sé, ma poi si abitua. E si gode lo spettacolo. A Dimaro è andata proprio così: maglia azzurra, numero 11 – per fortuna non la controversa numero 10 – braccia al cielo e il sorriso di chi sa di essere un privilegiato. Non lui, ma chi lo guarda. Perché Kevin De Bruyne in Serie A è qualcosa che finora avevamo solo immaginato. Ora è realtà.
E come tutte le realtà che sembrano uscite da un sogno, porta con sé anche un mucchio di domande. La più semplice è anche la più complicata: ma quindi, quando gioca? Come gioca? Dove gioca? E, soprattutto… quanto gioca? Una domanda che può sembrare banale, ma che invece non lo è affatto.
Antonio Conte non è tipo da lasciare spazio alle interpretazioni. Quando parla, è come se desse istruzioni per l’uso. E anche stavolta non ha fatto eccezione. “È un interno di centrocampo che può diventare trequartista”, ha detto dopo il suo primo faccia a faccia con la curiosità dei cronisti.
De Bruyne, nella testa di Conte, è il collante tra il centrocampo muscolare e il talento sulla trequarti. Uno che parte come mezzala nel 4-3-3, ma ha il permesso di “evadere”. Non tanto per anarchia, quanto per licenza poetica. I suoi inserimenti, i tiri da fuori, le imbucate: tutto ruota attorno a questo concetto. Libertà sì, ma all’interno di una gabbia ben costruita.
Dove giocherà De Bruyne? La questione è anche il “quanto”
Il primo vero indizio è arrivato contro l’Arezzo, amichevole con pochi fronzoli e tante gambe pesanti. Ma proprio per questo indicativa. De Bruyne parte titolare e nei primi 20 minuti le prime due occasioni sono due suoi tiri dalla distanza. Alti entrambi, ma non è quello il punto. Il punto è dove si piazza: appena fuori dall’area, tra le linee, in quella porzione di campo che da sempre gli appartiene.
Si muove un po’ legnoso, ma non c’era da aspettarsi altro. La forma è lontana, l’idea invece è già limpida. Sta lì per rifinire, per inventare, per accendere. E, soprattutto, per dimostrare che in un sistema organizzato può essere ancora devastante. Anche senza fare 90 minuti ogni tre giorni.
La vera notizia, in fondo, non è il ruolo. È la gestione. Perché Conte lo dice senza dirlo: De Bruyne non sarà un titolare fisso. A volte partirà dalla panchina, a volte sarà il primo a uscire. In alcune partite giocherà solo mezz’ora, in altre magari nemmeno quella. E non ci sarà da scandalizzarsi.
Sul quanto ci siamo già fatti un’idea, sul quando invece ci possiamo ragionare. Di certo la sua esperienza e la sua classe serviranno quando i campi si faranno più bollenti, quindi in Champions League e nei big match di campionato, ma non pensiamo certo che poi non giocherà più.
Ecco, però magari in una partita nella quale c’è meno bisogno di accendere la luce potremmo non vederlo dal primo minuto. Per la “gioia” dei fantacalcisti, che da lui potranno aspettarsi un rendimento da top del ruolo ma magari dovranno aspettarsi pure diverse panchine. Del resto l’idea di avere un fuoriclasse così da lanciare a gara in corso, o da preservare per le notti europee, è esattamente ciò che rende questa operazione preziosa. Un’idea da big.
E anche il tifoso che si aspettava 60 partite da 90 minuti dovrà farsi una ragione. Ma il tifoso che capisce di calcio lo sa già: De Bruyne sarà la mossa giusta al momento giusto. E in fondo, anche lui lo sa. Non è venuto per fare il protagonista assoluto, ma per fare la differenza. Che è un’altra cosa.