C’è una squadra che non ha bisogno di stelle per accendere i riflettori. Dietro c’è un metodo che resiste al tempo e continua a stupire, e un uomo che lavora a fari spenti
Ogni estate in Serie A c’è chi si vanta per aver messo a segno il colpo da copertina e chi invece, lontano dai riflettori, continua a costruire tesoretti. A Verona non si fanno selfie con le nuove maglie o conferenze in grande stile: lì si gioca un’altra partita, più silenziosa ma altrettanto decisiva. La partita dei conti, delle intuizioni e delle plusvalenze che si moltiplicano stagione dopo stagione.
Non vi stupite se da oggi, parlando di mercato, si userà senza troppa ironia il soprannome “PlusVerona”. Perché i numeri raccontano più delle parole: nell’ultimo anno i gialloblù hanno incassato cifre da capogiro grazie a giocatori arrivati quasi di soppiatto e rivenduti a peso d’oro.
L’emblema più recente si chiama Jackson Tchatchoua. Arrivato dallo Charleroi con lo scetticismo che accompagna i nomi sconosciuti, in pochi mesi ha trasformato il Verona in una miniera: il Wolverhampton lo ha pagato 12,5 milioni di euro, una cifra quadrupla rispetto all’investimento iniziale.
A ruota, Diego Coppola è volato in Premier al Brighton per 11 milioni, mentre Daniele Ghilardi è finito alla Roma con una formula che porterà nelle casse scaligere altri 8 milioni complessivi. Tre operazioni, una dietro l’altra, che insieme fanno oltre 30 milioni. Non male per una società che ogni anno deve reinventarsi per restare competitiva in Serie A.
Il marchio di Sogliano sull’exploit del Verona: plusvalenze da favola
Dietro questa macchina da soldi c’è un nome che ormai vale come una garanzia: Sean Sogliano. Il direttore sportivo, tornato al Bentegodi dopo la parentesi 2011-2015, ha ridato al club un’identità precisa. Non si punta a vincere la corsa ai grandi ingaggi, ma a scovare talenti nei campionati meno nobili, valorizzarli sul prato della Serie A e poi cederli alle big italiane ed europee.
Gli esempi recenti parlano chiaro: Tijjani Noslin ceduto alla Lazio per 15,9 milioni, Juan Cabal alla Juventus per 12,8, Reda Belahyane sempre ai biancocelesti per 9,5.
E ancora Cyril Ngonge al Napoli per 20 milioni, Ivan Ilic al Torino per 16,5, Simeone riscattato a 12 dal Napoli dopo un prestito, Caprari al Monza per altri 12. Aggiungiamo Hien all’Atalanta, Cancellieri alla Lazio, Terracciano al Milan, Doig al Sassuolo. È una catena infinita di addii che puntualmente porta milioni in dote.
Il segreto sta tutto nella filosofia: pescare dove gli altri non guardano. Belgio, Olanda, Svizzera, Sudamerica. Giocatori che arrivano quasi in punta di piedi, ma che al Bentegodi trovano il palcoscenico giusto per farsi notare. A quel punto, Sogliano fa il resto: il Verona incassa, il giocatore spicca il volo e un’altra pagina del “manuale delle plusvalenze” si scrive da sola.
E non sono soltanto i club italiani a bussare alla porta: oltre a Lazio, Napoli, Milan e Juventus, anche Brighton e Wolverhampton hanno messo mano al portafogli. Segno che il brand Verona funziona, e convince anche fuori dai confini.
Il futuro? I soliti nomi girano già nelle chiacchiere di mercato: Suslov, Serdar, Mosquera, Livramento. Ma come sempre, i veri colpi potrebbero arrivare dagli “sconosciuti” appena sbarcati: Sarr, Giovane, Niasse, Santiago, Belghali. Se non vi dicono nulla, siete in buona compagnia.
È proprio così che nasce ogni storia targata PlusVerona: dal silenzio all’oro, passando per l’occhio lungo di un direttore sportivo che sembra avere un radar personale.