Pregliasco: “Europei, Roma a rischio. Possibile il green pass” | ANews

Il parere del virologo Fabrizio Pregliasco sul pubblico all’Olimpico per gli europei di calcio: “Purtroppo non ci sono certezze”

Tra un paio di mesi è previsto il calcio d’inizio di Euro 2020, già rinviato a causa della pandemia, e ancora non è chiaro se la partita inaugurale (Italia-Turchia dell’11 giugno) potrà essere disputata all’Olimpico di Roma, come da programma. 

La Uefa ha infatti posto come paletto per le sedi coinvolte nel primo europeo itinerante della storia che le partite possano disputarsi in stadi aperti al pubblico per almeno un quarto della capienza, pena il trasferimento dei match altrove, e attendeva una risposta dalle federazioni entro il 7 aprile. 

L’Italia si trova al momento in serie difficoltà a poter garantire tale condizione: il governo aveva aperto al riguardo, in caso di parere positivo del Comitato tecnico scientifico. Ma lo stesso Cts ha bloccato tutto: è ancora troppo presto per poter assicurare la presenza dei tifosi. 

Tutto rinviato, dunque, sempre che l’Uefa sia disposta ad aspettarci. Non siamo gli unici che stanno prendendo tempo, va detto: lo hanno fatto anche Spagna e Irlanda, e altre nazioni potrebbero aggiungersi. Ad ogni modo, SerieANews.com ha contattato il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano e membro del Cts della Lombardia, per avere un parere qualificato sulla questione.

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Olimpico
Lo Stadio Olimpico di Roma (Getty Images)

Pregliasco: “Impossibile fare valutazioni almeno fino al 30 aprile”

Professore, condivide la valutazione del Comitato tecnico scientifico per cui al momento non si può garantire la presenza di pubblico durante gli europei?

“Purtroppo non si può che condividere tale valutazione. In Italia ci troviamo in una condizione di plateau dell’andamento dell’infezione da coronavirus, con un numero ancora molto alto di morti. Quindi, con la necessità di ‘stringere la cinghia’ almeno fino al 30 aprile. Poi si vedrà”. 

In altri Paesi ospitanti, però, sono state prese decisioni differenti sugli spettatori agli stadi. Come mai?

“Ci sono situazioni diverse, con andamenti variegati, legati anche alle modalità con cui si è attuato il lockdown: chi prima, chi dopo; chi più lungo, chi più corto. Però il punto sostanziale è che si tratta una scelta politica, quindi di opportunità e anche di livelli di rischio che ogni nazione può o vuole accettare. Queste sono decisioni che hanno una base scientifica, ci mancherebbe, poi però ci sono modulazioni e mediazioni di tipo politico”.

E intanto l’Uefa potrebbe decidere di spostare altrove le quattro partite dell’europeo da disputare a Roma.

“Temo che sia una possibilità, sì”.

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Ma quali potrebbero essere le condizioni minime per consentire un eventuale accesso agli stadi?

“Sicuramente un protocollo piuttosto stringente, magari una sorta di green pass, una valutazione cioè della vaccinazione eseguita, oppure del superamento della malattia, oppure ancora di un tampone negativo recente, che poi sarebbe il passaporto vaccinale di cui si sta parlando. Questa potrebbe essere un’opzione da valutare.

Più in generale, però, occorrerebbe una condizione epidemiologica migliore, con un incidenza minore del virus per 100mila abitanti, perché ancora, ripeto, siamo su valori piuttosto elevati”.

Impossibile, quindi, fare previsioni su quando le cose miglioreranno e agire d’anticipo?

“È sperabile che un allentamento possa avvenire, però, come abbiamo imparato, non è il caso di sbilanciarsi troppo presto. Sappiamo che non è facile riuscire a fare previsioni su un tempo così lungo rispetto all’evoluzione del virus.

In fondo è anche un po’ una questione simbolica. In una situazione ancora a rischio, permettere a breve l’afflusso di tifosi allo stadio non dico che sia diseducativo, ma sicuramente dà un messaggio che non è coerente con tutto il resto”.