“Stavo per finire in coma”: il racconto dello scandalo in Coppa d’Africa

Surreali e mistici gli scenari che ha offerto l’edizione della Coppa d’Africa, come ad esempio il racconto dell’arbitro Janny Sikazwe sul perché abbia fischiato anticipatamente la fine di Tunisia-Mali.

Giunti alle semifinali di Coppa d’Africa (Burkina Faso-Senegal e Camerun-Egitto), si possono già riconoscere i personaggi protagonisti nel bene e nel male della competizione continentale.

L'arbitro Janny Sikazwe
Janny Sikazwe, durante i Mondiali del 2018 (Getty Images)

Tra questi uno spazio sicuramente se l’è guadagnato il direttore di gara, Janny Sikazwe. La sua direzione di Tunisia-Mali è stata la più polemica e discussa per avere fischiato due volte la fine del match anzitempo, scatenando l’ira di tutti i presenti.

Era addirittura l’85’, quando è arrivato il primo fischio. Poi c’è stata l’espulsione di uno dei calciatori del Mali e dopo 13” ancora la fine della sfida, senza che si fosse giunti realmente al momento del 90′. Una serie di decisioni incredibilmente sbagliate, soprattutto considerato che l’arbitro in questione è internazionale ed è anche diretto alcune sfide dei Mondiali, in passato.

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L'arbitro Janny Sikazwe con i suoi assistenti
Janny Sikazwe, durante i Mondiali di Russia (Getty Images)

Coppa d’Africa, parla l’arbitro dello scandalo: “Stavo andando in coma”

Nonostante siano ormai trascorsi dei giorni, della condotta di Sikazwe si parla ancora, anche per la conclusione che la sfida ha poi avuto: dopo le proteste della Tunisia, il match è stato ripreso a distanza di mezz’ora e poi concluso perché proprio la squadra considerata aveva rifiutato di scendere in campo.

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Ancora più incomprensibili sono le parole dell’arbitro zambiano per giustificarsi. Sikazwe ha fatto appello a una condizione fisica e mentale precaria. Le sue parole riportate da ‘l’Equipe’: “Faceva molto caldo, con un’umidità terribile, oltre l’80%. Già dal momento in cui abbiamo fatto riscaldamento prima del match è stata dura. La cosa peggiorava nel corso dei minuti. Ho iniziato a perdere l’orientamento. Ero confuso e non mi rendevo conto di nulla. Non sentivo più i miei assistenti che mi hanno detto che stavano cercando di parlarmi in cuffia, di aiutarmi perché vedevano che qualcosa non andava. Non li sentivo e non ho memoria di questo. Ancora oggi non riesco a ricordare. Quando sono entrato in ospedale mi hanno detto che sarei potuto cadere in coma da un momento all’altro. Stavo per finire in una bara quel giorno. È stato molto pericoloso quello che è successo, ma adesso sono in buona salute”.