Ramon Vega: “Il gioco di Conte non mi convince. L’Italia riparta dalle giovanili”

Intervista esclusiva all’ex calciatore Ramon Vega, con un passato nel Tottenham e nel Cagliari a fine anni ’90

Ramon Vega in carriera ha vestito -tra le altre- le maglie di Cagliari e Tottenham, oltre a giocare per la Nazionale svizzera. Oggi ha un ruolo importante, quello dell’advisor nel mondo del calcio. Un ruolo che gli permetterebbe anche di candidarsi a nuovo presidente della FIFA. Vega ha rilasciato un’intervista esclusiva ai microfoni di SerieANews.com, soffermandosi sul Tottenham di Conte -prossimo avversario del Milan in Champions-, ma anche sui problemi del calcio italiano. E ha concluso parlando della Spagna.

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Ramon Vega (Archive TV Youtube)

Puoi spiegarci il tuo ruolo nel mondo del calcio.

“Sono nel mondo del calcio da parecchi anni. Dopo aver giocato, mi sono avventurato nel mondo dell’economia e delle banche, a Londra, per occuparmi della parte economica del calcio. E’ molto diverso rispetto agli anni ’90. Mi ha interessato molto il ruolo dell’advisor, la parte strategica-economica, ma anche dello sviluppo del calcio. Sono anche su parecchie squadre, sul board, come advisor. tutta la parte amministrativa ed economista del calcio. Investimenti nel calcio, anche con società che devono vendere”.

Cambi di proprietà.

“Esatto, quando vogliono vendere o comprare, chiaramente. Io metto la mia carriera calcistica, molte fonti di investimenti costruite negli anni a Londra. Oggi il calcio è più economista di prima. Non sono tante le persone che fanno ciò. C’è l’agente, l’allenatore che fanno il calcio; e poi ci sono gli avvocati e gli economisti. Fare entrambe le cose sono pochi in questo campo. Insomma, l’advisor per le società e per le Federazioni, per lo sviluppo nazionale e internazionale delle operazioni”.

Conte Tottenham Ramon Vega
Conte (LaPresse)

Ramon Vega: “La paura del Tottenham è che Conte riceva un’offerta…”

Tu hai giocato nel Cagliari, solo per pochi mesi.

“E’ durata pochi mesi, ma francamente posso dire che gli anni ’90 della Serie A era il miglior campionato del mondo. Fino ad oggi non penso che sia esistita una Lega come quei tempi. C’erano tanti, tanti, tanti campioni. Ogni settimana, come difensore del Cagliari, ho dovuto lottare con i migliori attaccanti del mondo”.

Il Tottenham invece è cambiato molto da quando tu ci hai giocato.

“Sì, ed è cambiato anche il calcio italiano (ride, ndr). Ha avuto una crisi importante, di sviluppo ha perso tantissimo per parecchie situazioni che sono esistite.. Ai miei tempi l’Inghilterra non era la Serie A, l’Italia era leader del mondo calcistico europeo. Tutti volevano giocare lì. La Premier League era nata da poco. E l’Inghilterra era dietro sulla tattica, gli allenamenti… su tutto. Parecchi anni dietro”.

Con Conte il Tottenham di adesso dove può arrivare?

“Io penso che Antonio Conte finora ha fatto bene, all’inizio non aveva quelli che ha adesso. Ha preso 3-4 giocatori, si è qualificato agli ottavi di Champions ed è un grandissimo risultato per un Tottenham che, prima di Conte, 2-3 anni fa, non ha preso grandi giocatori. Per una squadra di Premier League è incredibile non farlo. La difficoltà di Conte dall’inizio era fare quelle cose con quella squadra. Finora ha fatto bene, qualificandosi in Champions. In questa stagione sta andando bene a livello di punti, ma non nel gioco. Il gioco degli Spurs non mi convince. Hanno bisogno di più giocatori forti e se comprano a Conte chi devono comprare, può fare grandi cose. Ma se non lo fanno, sarà molto difficile riuscire a fare qualcosa di spettacolare. L’ultima volta che hanno vinto è stato tantissimo tempo fa”.

Conte ha il contratto in scadenza l’anno prossimo.

“L’altra paura del Tottenham è che se lui ha un’offerta di un’altra squadra, deve pensare alla carriera, oppure a restare e fare qualcosa di incredibile, che nessuno ha fatto da anni. Ma non stiamo parlando di 2-3 anni, ma di quasi 20 anni senza vincere qualcosa. Chiaramente se vince qualcosa con gli Spurs, sarà il manager del secolo. Il grande ma è che c’è la storia: grandi allenatori sono passati per il Tottenham, ma alcuni si sono anche bruciati, perché gli Spurs hanno un’altra filosofia di spendere i soldi. Lui deve lavorare con ciò che possono dargli per lavorare. Le difficoltà stanno nella scelta di fare cose buone con meno investimenti, perché il Tottenham è così, e nel suo carattere. Che poi parliamo sempre di tanti soldi se si rapportano ad altri campionati. Magari la Juventus può avvicinarsi a questo potenziale. Poi se parliamo di Manchester City o altri club, è un altro livello”.

Svizzera e Italia si sono incontrate nel girone: la Svizzera l’ha superato e l’Italia no.

“Incredibile, ha vinto la Svizzera che ora è ai Mondiali e la grande campionessa d’Europa guarderà la tv. Come mai? Eh…”

E’ strano.

“E’ strano, sì. La Svizzera è diversa da quando c’eravamo noi. A Cagliari, avevamo fatto un 2-2 contro l’Italia, una gran partita contro una grande Italia. Era uno squadrone, Roby Baggio e tutti quei top player… La Svizzera negli anni ’90, quando ha iniziato con noi i primi grandi tornei di qualificazione nel ’94 e nel ’96, poi si sono spesso qualificati negli anni successivi. Ha migliorato tantissimo il livello di un Paese di 9 milioni di persone, sono usciti grandi giocatori c’è da dire anche che spesso sono di origine balcaniche e di altri Paesi per gli immigrati. Io stesso sono arrivato da spagnolo. Adesso, in Svizzera c’è quello sviluppo di giocatori giovani che arrivano da quei Paesi con grande talento”.

Poi c’è l’Italia.

“Paragonandolo allo sviluppo che c’è in Italia, penso che la Svizzera abbia fatto molto di più. Ma questo presidente della Federazione, ha vinto l’Europeo in poco tempo e ha fatto un buon lavoro. Le cose vanno un pochino meglio rispetto a prima, vincere l’Europeo è un gran risultato, ma parliamo di una squadra che aveva già tanta esperienza ed era matura. Se guardiamo la parte dello sviluppo dei giovani italiani, negli ultimi 10-15 anni, non è andata bene. C’è una mancanza. La Nazionale italiana con questo presidente sta iniziando a fare un pochino meglio, ma devono fare molto di più. Per avere un’Italia di grande livello, servono minimo 5-10 anni. Negli anni ’90 i giocatori giovani e forte erano in gran quantità”.

In base alle tue competenze e al tuo lavoro, secondo te l’Italia dove ha sbagliato? Sono finiti i soldi, per esempio, oppure i giovani -che ci sono- non giocano. Manca lo sviluppo giovanile, mancano i soldi dei presidenti che negli anni ’90 c’erano…

“Ogni sviluppo che riguarda i giovani non riguarda solo la Serie A. Parliamo della piramide per intero, anche la Serie B e la Serie C si sono lasciate un po’ a parte. Ma ci sono da dire delle cose. In Italia ci sono ancora delle infrastrutture degli anni ’90, sono stati fatti dei lavoro, ma sono sempre dei Mondiali di Italia ’90. E parte questo, le infrastrutture nel calcio non hanno compiuto passi in avanti. La Federazione ha la sua responsabilità, ma anche la politica del Paese. Per sviluppare nuovi calciatori, bisogna anche curare quella parte. Il calcio in Italia è lo sport più importante. Per i giovani e i giovanissimi bisogna spendere in infrastrutture e stadi. Forse ce ne sono tre di nuovi ed è troppo poco. Lascia perdere l’Inghilterra, hanno più soldi. Ma guarda gli altri Paesi. Nuovi stadi significa anche diverse strutture economiche per i club ed è importantissimo. Penso anche che non si sono impegnati nella crescita della Primavera e delle altre categorie giovanili. Ci dev’essere un programma che permetta la crescita di tutti, soprattutto in Serie B e C. In Serie A prendono i cosiddetti vecchi e lasciano in panchina i giovani, non giocano”.

I giovani devono essere titolari, quindi.

“E’ importantissimo che questi giovani abbiano l’opportunità di arrivare a giocare in Serie A. La filosofia deve iniziare dagli allenatori, che devono dargli fiducia e utilizzarli insieme agli elementi di più esperienza per farli crescere. Se tu al giovane non dai l’esperienza, mai ce l’avrà. Se tu a 19 anni li metti dentro, devi mettere in conto che può sbagliare. E’ normale, ha 19 anni. Ma se li metti a 19 anni, in trenta partite, a 20-21 anni è cresciuto e ha più esperienza. Ma avrà 21 anni e non 29, è quella la differenza. Le squadre e le Federazioni devono concentrarsi su questo. L’Italia mi è sempre piaciuta, per questo sono andato a Cagliari, nel miglior periodo che l’Italia ha avuto nel calcio. Giocavi ogni settimana contro Ronaldo, Savicevic, Signori, Baggio… dove sono quelli di oggi? Oggi i calciatori non li conosci nemmeno. E’ così. Pensi ‘Oh ma chi è quello?’. Negli anni ’90 se parlavi di tutte le squadre, avevano almeno 1-2 grandi giocatori e chiunque li conoscevano”.

E la Spagna invece?

“Io penso che la Spagna è calata un po’ rispetto a quella che abbiamo conosciuto. Quella che ha vinto, del Tiki-Taka diciamo. Ha avuto un grande periodo, ha rinnovato un po’ il modo di giocare a calcio da dietro. Ma negli ultimi tempi, anche la Spagna ha avuto un piccolo problema di sviluppo di giovani talenti. Per questo non la vedo come favorita numero uno al Mondiale. Una delle migliori, ma non come vittoriosa. Forse sbaglio (ride, ndr)”.

Si è fermata un po’ da quando si è fermato il Barcellona dalla cantera.

“Quello è chiaramente una cosa simile al calcio italiano. Con la cantera del Barça, uscivano 2-3 giovanissimi già molto forti. Iniesta, Xavi… Quello che in Italia manca ancora. C’è un grande lavoro da fare. A me dispiace che l’Italia non è al Mondiale, per me è incredibile. E’ sempre stata una delle favorite, ricordo quella dell”82. Dev’essere tra i migliori al mondo e non averla mi fa male. Ho ancora grandi amici a Cagliari e in Italia in generale, è doloroso non averla. Spero che Gravina e la Federazione facciano un programma che nei prossimi 5-10 anni possa dare qualcosa di significativo. Non è un discorso di 2 anni. E’ una cosa di dieci anni, che ci sia uno sviluppo di giovanissimi per competere nei grandi tornei internazionali, dall’under 15 fino alla prima squadra azzurra”.