Juventus, The Guardian duro: “Agnelli sociopatico, pensa di essere un visionario ma…”

The Guardian indugia sulla figura di Andrea Agnelli, analizzando il momento complicato che vive la società della Juventus.

‘The Guardian’ ha approfondito a lungo la situazione della Juventus, alla luce di quanto emerso dall’Inchiesta Prisma negli ultimi mesi, relativa sopratutto alle gestione delle plusvalenze nel tesseramento dei giocatori e la ripartizione degli stipendi, durante la dirigenza del CdA con a capo Andrea Agnelli.

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Andrea Agnelli, ex presidente della Juventus (LaPresse)
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Infatti proprio l’ex presidente del club bianconero è nel mirino dell’articolo, essendo fra gli esponenti della Superlega, che si è rivelata ad oggi un progetto fallimentare. Secondo il tabloid, una scommessa che Agnelli avrebbe fatto volentieri per risolvere i problemi di liquidità della Juventus ma poi è stata un vero “fiasco”. E prosegue, riportando: “Secondo varie fonti che mi hanno parlato in condizione di anonimato, il posto di lavoro è sempre stato disfunzionale. “Agnelli pensa di essere un visionario”, ha detto un ex dirigente, “ma è un sociopatico. Un completo maniaco del controllo”.

L’indagine allarga gli orizzonti definendo la Juventus soltanto come la punta dell’iceberg di un calcio che patisce diversi problemi di natura debitoria. L’ultimo rapporto della FIGC, d’altronde, ribella di debiti accumulati che ammontano a 5,3 miliardi di euro.

La Juventus vista dal ‘The Guardian’: una finestra sul marciume di questo sport

Per gli inglesi, la Serie A è un prodotto scricchiolante e infatti la Juventus dipende non dai risultati sportivi, bensì da quelli legali: “Gli scandali della Juventus sono una finestra non solo sulle crisi più ampie del calcio italiano, ma anche sul marciume al centro di questo sport”. La famiglia Agnelli diviene protagonista della questione, come famiglia reale in un contesto di una repubblica il cui nome evoca mistica e tragedia.

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Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene (LaPresse)
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Il problema è un circolo vizioso fatto di investimenti al ribasso, che così rendono difficile se non impossibile trattenere giocatori dal grande calibro ma anche vendere i diritti tv di trasmissione delle partite a tariffe importanti. Quindi calano gli investimenti e il prodotto ne risente: “Gli stadi sono terribili, le tribune vuote sembrano orribili, il calcio è due marce più lento che in Spagna o in Inghilterra”.