C’è una squadra in Italia che gioca in uno stadio da 40mila posti e oggi vale meno di un caffè. Non è un racconto, è tutto vero
In Italia c’è una squadra che gioca in uno stadio da quasi 40mila posti e che adesso è in vendita per un euro. No, non è un errore. Non è nemmeno una provocazione. È proprio un euro. Moneta unica. Prezzo simbolico. Valore reale? Difficile da stimare, perché qui il cuore vale più del bilancio.
È il paradosso perfetto di una città intera: grande abbastanza per riempire un impianto da Serie A, fragile abbastanza da non riuscire più a tenersi stretto nemmeno il suo club di calcio.
Il protagonista – in negativo – è il presidente Stefano Alaimo, numero uno dell’Acr Messina, che nelle ultime ore ha fatto recapitare al sindaco la procura per vendere il club. Cessione immediata, prezzo simbolico: un euro. Purché si trovi qualcuno disposto ad assumersi il carico di una società sull’orlo del tracollo.
Il messaggio di Alaimo è stato chiarissimo: “Già da domani mattina sono disponibile a stipulare, al prezzo simbolico di 1 euro, l’atto di vendita delle quote dell’Acr Messina al soggetto o ai soggetti che il primo cittadino mi indicherà”.
Parole che raccontano più di tante cronache finanziarie. Parole che fanno rumore, anche perché dietro c’è una realtà pesantissima: stipendi da pagare, oneri fiscali in scadenza, una piazza che teme l’ennesimo fallimento.
Alaimo resterà operativo solo per garantire gli adempimenti più urgenti, in attesa che dal Comune, o da qualche imprenditore coraggioso, arrivi una soluzione.
Passato glorioso, presente da incubo: la brutta situazione del Messina
Fa impressione leggere certe notizie pensando che tutto questo accade dentro lo stadio San Filippo-Franco Scoglio. Un impianto da quasi 40mila posti, inaugurato nel 2004 proprio per accompagnare il grande ritorno in Serie A. Il più grande della Sicilia, il settimo più grande d’Italia. Che ha anche vissuto momenti particolarmente gloriosi.
Sì, perché il Messina in Serie A c’è stato. Eccome se c’è stato. Tre stagioni consecutive tra il 2004 e il 2007, sfide storiche contro Milan, Juve, Inter, derby infuocati contro il Palermo. Ci sono stati Di Napoli e Parisi, c’è stato Marco Zoro con quella storica “ribellione” in campo contro i tifosi dell’Inter, un po’ un pioniere di ciò che poi accadde successivamente anche a Koulibaly del Napoli.
Poi, il lento declino. Le retrocessioni, i fallimenti, la risalita faticosa. E adesso questo: un cartello con su scritto “vendesi” attaccato sopra una storia gloriosa. Adesso trovare qualcuno disposto a prendersi carico del Messina non sarà semplice. Perché gestire una società in Serie C, con costi da professionismo e incassi da dilettantismo, ormai è davvero difficile. Basti pensare che nello stesso campionato sono già fallite anche Taranto e Turris, che da diverse settimane hanno falsato il campionato venendo squalificate.
Come finirà? Non ci è dato saperlo. Resta quella sensazione strana, amarissima: uno stadio da 40mila posti, un passato da Serie A, un presente da saldo di fine stagione. Un euro. Basta un euro. Ma serve ancora qualcuno disposto a scommettere sul cuore.