Una tifoseria ironica e spietata lancia un messaggio che lascia il segno. L’altra, ferita e delusa, tace ma ascolta. Genova si prepara a un sabato carico di tensione e simboli. In palio non c’è solo l’onore, ma l’equilibrio di un’intera città
Ci sono parole che sembrano pietre. Altre che fanno ridere, o almeno ci provano. E poi ce ne sono alcune, le più rare, che riescono a tenere insieme entrambe le cose. Basta leggere l’ultima uscita della Gradinata Nord per capire di che pasta è fatto il tifo genoano: un misto di sarcasmo feroce, memoria lunga e – sì – anche una certa forma di rispetto.
Il contesto, però, è di quelli che fanno tremare le gambe a chi il calcio lo vive davvero. Perché mentre il Genoa si gode una salvezza tranquilla, al di là del Bisagno la Sampdoria sprofonda in un incubo chiamato Serie C. E se questa notizia di per sé ha già il peso di un macigno per chi tifa blucerchiato, c’è qualcosa che rischia di renderla ancora più esplosiva.
Nel comunicato diffuso dalla Nord si annuncia un’iniziativa tanto teatrale quanto provocatoria: un corteo funebre per “l’eterna ragazza del ’46”, ovvero la Sampdoria, che partirà dalla curva rossoblù per arrivare in pieno centro, a piazza De Ferrari. Una trovata in perfetto stile genoano, che mescola ironia e sarcasmo con un tocco di teatrale malinconia.
Nel testo si legge che “non c’è nulla da festeggiare”, e viene chiesto espressamente ai tifosi rossoblù di non esagerare. Un messaggio che, sulla carta, sembrerebbe voler evitare provocazioni gratuite, sul filo del sarcasmo. Ma non viviamo sulla carta, purtroppo. Viviamo nelle strade di Genova, che sabato rischiano di diventare teatro di una tensione palpabile.
Il “funerale” dei tifosi del Genoa alla Sampdoria e i possibili scontri
Ed è proprio questo il problema che potrebbe venirsi a creare. Perché mentre da una parte si sfila con croci e toni beffardi, dall’altra c’è una tifoseria ferita, stremata da una stagione umiliante e da anni di delusioni. Una tifoseria che potrebbe vivere questo funerale come l’ennesima umiliazione, e decidere di non voltarsi dall’altra parte.
È il rischio più grande. Non il sarcasmo, non la rivalità, non la memoria lunga. Ma la reazione incontrollata di chi si sente preso in giro nel giorno più nero. Le cronache di Genova non sono nuove a scontri e tensioni, soprattutto quando il derby – anche se solo simbolico – si gioca per le strade. Basta un attimo, un gesto sbagliato, uno sguardo storto per far saltare tutto.
Ci sarebbe bisogno di una regia lucida, da parte delle autorità ma anche delle curve. Perché il calcio può essere duro, anche spietato, ma quando diventa pretesto per cercare vendetta, allora è già un’altra cosa.
La Gradinata Nord ha provato a mettere dei limiti, anche se il confine fra prudenza e provocazione qui è davvero sottile. Ma è un equilibrio precario, e chi conosce il clima delle curve lo sa bene. Quando c’è dolore, la dignità è una fune sottile. E sabato, quella fune sarà tesa come non mai. In mezzo, una città che ama il calcio come poche, ma che merita rispetto. Tutto qui. Perché Genova è bella anche per la sua doppia anima, ma se una si ferisce, l’altra non può fingere di non vedere il sangue.