Il parcheggio di Ferlaino, le due statue e i bosteros: Maradona vive in Napoli

Il racconto della giornata di Napoli a un anno dalla morte di Diego. I tifosi del Boca, Ferlaino, De Laurentiis, Maradona Jr…

Arrivo al murales e mi trovo davanti, sotto qualche goccia di pioggia, un Corrado Ferlaino trafelato, ma sorridente. È stato tra i primi a rendere omaggio al suo campione, e lo ha fatto in silenzio, tra la gente. Ha concesso decine di foto ai presenti, non si è sottratto alle domande dei cronisti ed è scivolato via a passo spedito, con una sciarpa azzurra al collo. L’ho seguito con lo sguardo mentre spariva in un vicoletto, dove immaginavo lo attendesse un autista. 

Mi sbagliavo: l’Ingegnere si è messo alla guida della sua Mini ed è uscito con nonchalance da un parcheggio in salita nel bel mezzo dei Quartieri. A 90 anni. Ecco, lì ho capito, ancora una volta, perché quel Napoli riuscì a raggiungere vette mai viste né prima, né dopo. Era composto, nel bene e nel male, da uomini fuori dal comune.

Maradona era il loro Re. A un anno dall’ultimo saluto, Napoli lo ha ricordato in una giornata grigia e piovosa, colorata dalle bandiere e dai canti dei ‘bosteros’. I tifosi del Boca residenti in Europa non avevano altra ‘Terra Santa’ in cui rifugiarsi per celebrare i primi 365 giorni senza el Pelusa. Li ho visti un po’ ovunque, in città. Cantano e tifano come sotto il Vesuvio non si fa più da tempo. E qualcuno ha chiesto loro di restare, perché quest’anno “serve una mano”.

Napoli si è preparata all’evento a modo suo. Una città che, dopo averlo ospitato per un settennato leggendario, in trent’anni non è stata capace di partorire un museo ufficiale sul più grande giocatore di ogni tempo, ora ha due statue dedicate al Diez.

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E Maradona fermò la pioggia. O no?

La prima, bellissima, l’ha realizzata Domenico Sepe. È stata collocata tra le due Curve, in un luogo perfetto per essere meta di pellegrinaggio. Da ieri sera, però, è clamorosamente tornata nei depositi “in attesa delle autorizzazioni necessarie”. Che dire, speriamo arrivino presto. Domenica sarà presentata l’altra, quella realizzata a partire dal calco della Zurda e de ‘La Mano de Dios’. 

Dopo l’esposizione nel pregara di Napoli-Lazio troverà spazio negli spogliatoi. Sarà visibile, dunque, solo ai calciatori che calcheranno l’erba di Fuorigrotta, perché lo stadio, nonostante rappresenti un’opportunità di business clamorosa, non è ancora visitabile. Anche in questo caso, speriamo lo diventi presto.

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La pioggia di ieri è stata terribile. Per quanto avesse senso, vista la triste ricorrenza, stonava con l’atmosfera di festa degli argentini. “Abbiamo pianto tanto”, mi ha detto uno di loro, “oggi niente dolore. Oggi rendiamo omaggio al più grande”. E con i loro cori perfetti, inimitabili, hanno contagiato chiunque li incrociasse. 

Il temporale si è fermato soltanto in due momenti: quando i tifosi si sono riuniti davanti al murales dei Quartieri e quando la statua di Fuorigrotta è stata inaugurata. È banale, lo so, ma nel momento in cui di fronte alla figura del Pibe de Oro ci siamo detti “è spuntato pure il sole”, abbiamo pensato tutti la stessa cosa. E Ferlaino è riapparso anche lì, inarrestabile. Ha cercato e abbracciato Diego Jr, che con enorme lucidità gli ha sussurrato “questa statua è qui anche per merito vostro, presidente. Soprattutto per merito vostro”.

Ha ragione, Dieguito. Senza la leggendaria l’intuizione dell’Ingegnere, in fondo, anche lui non sarebbe qui. Come il piccolo Diego Matias, che sorrideva in braccio al papà mentre osservava estasiato le bandiere col volto del nonno. Capirà, un giorno, di essere l’erede partenopeo di una dinastia ormai eterna. E se avesse ereditato il sinistro? Che brividi, solo a pensarci.

Bruscolotti, Giordano e Renica hanno chiuso la mattinata storica legando, ancora una volta, la fascia sul braccio di bronzo di Maradona. Lo hanno fatto mentre alcuni tifosi tentavano di scavalcare il cancello che li separava dalla statua, che non si sarebbe mai aperto. Mentre mi chiedevo che senso avesse negar loro una foto dopo ore di acqua e vento, ho pensato a lui, a Diego. Non è mai stato perfetto, eppure questo non gli ha impedito di essere straordinario. Era proprio a immagine e somiglianza di Napoli. Vive in lei.