Luis Enrique, l’uomo giusto per la Spagna e il finale inevitabile

Il Ct Luis Enrique è stato sollevato dall’incarico di Ct della Spagna, un sunto di ciò che ha condotto a tale decisione dopo i Mondiali di Qatar 2022.

“L’allenatore asturiano è riuscito a dare un nuovo impulso alla Nazionale dal suo arrivo nel 2018, attraverso una profonda rinnovazione, la quale ha consolidato un risollevamento generazionale nella squadra e nel calcio spagnolo”, recita così una parte del comunicato della Federazione spagnola di calcio, nel quale conclude il rapporto professionale con Luis Enrique e il suo staff. Sembra una contraddizione in termini oppure la giusta sintesi di un lavoro iniziato e finito. I cicli nel calcio sono così. Ognuno ha una e una sola missione da compiere.

Luis Enrique a testa bassa
Le motivazioni dell’esonero di Luis Enrique dalla Spagna (LaPresse)
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È chiaro che la saracinesca l’ha calata il 3-0 del Marocco ai calci di rigore, in occasione degli ottavi di finale dei Mondiali di Qatar 2022. La solidità degli arabi del Nordafrica ha avuto la meglio in 120′, stancando la Spagna e rendendola improduttiva offensivamente. Mettendola a nudo, si direbbe. Se era pronosticabile nei migliori sogni marocchini una sfida così combattuta, di certo non lo era che ‘La Roja’ non segnasse nessuno dei rigori calciati (Sarabia, Soler, Busquets) e infatti al Marocco ne sono poi bastati tre per raggiungere i quarti di finale.

Il contratto di Luis Enrique sarebbe scaduto il prossimo 31 dicembre, ma con i presupposti della pesante delusione internazionale, chiaramente non è stato possibile immaginare un futuro ancora insieme. Come se il Ct e la Spagna si fossero mutuamente dati tutto quanto a disposizione, e ora è tempo di ripartire. Separati.

Luis Enrique consola Laporte dopo l'eliminazione della Spagna dai Mondiali
La Spagna esonera Luis Enrique: analisi della decisione (LaPresse)
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Luis Enrique esonerato dalla Spagna: serve qualcosa in più

In linea generale, si sa che le spese dinanzi a una sconfitta così cocente le paga sempre chi è a monte del progetto tattico e tecnico, ovvero l’allenatore. Inizialmente contro Costa Rica e Germania la Spagna era stata così convincente da credere che la sua proposta calcistica meritasse di arrivare fino in fondo alla competizione. Il marchio di fabbrica del possesso palla e del tiki taka combinava bene con il mix di giovani chiamati a difendere la maglia della Spagna. Eppure, tra Giappone e Marocco si è evidenziata la necessità di rivedere le idee e renderle in certi momenti meno “sterili”.

“Ho tutte le responsabilità, ho sbagliato totalmente non schierando nell’11 Pablo Sarabia in tutto il Mondiale”, ha affermato Luis Enrique subito dopo la sconfitta contro il Marocco. È stato davvero questo l’errore? Dipende. Ciò che si è evinto è la mancanza di soluzioni quando c’è da rimontare o aprire spazi in difese blindate. In qualche modo mancano le stelle, quelle col guizzo. Ottimi calciatori, che toccano bene il pallone ma si è avvertita sul lungo raggio l’assenza di chi possa fare la differenza su tutti. Un calcio attraente e dominante, ma sarebbe stato necessario lavorare di più sull’efficacia e sul pragmatismo. La stampa spagnola non ha risparmiato di commenti al veleno il tecnico. Si considera che il suo gioco troppo spesso si sia rivelato uno specchietto per le allodole e così abbia reso possibile a qualsiasi squadra organizzata, bloccarne i canali di circolazione del pallone e imbrigliarlo. A Luis Enrique restano tanti meriti, fra tutti il coraggio di affidare il progetto a volti nuovi/giovani, come i vari Gavi, Gonzalez, Torres, Olmo… Quindi le basi ci sono, però tocca costruire le altezze.