Un abbraccio lungo quanto uno stadio. Edoardo Bove torna all’Olimpico e Roma gli risponde col cuore. In campo non può più starci, ma una strada nuova si apre da lontano. Forse è l’inizio di un altro modo per sognare
Erano mesi che doveva arrivare questa partita, e forse è arrivata nel momento più giusto per tutti. Roma-Fiorentina è stata la partita che ha visto i giallorossi portare a casa un’altra vittoria, che stavolta profuma davvero di Europa. Ma è stata anche la partita di Edo Bove.
Non scende in campo da quel giorno maledetto, quando il suo cuore si fermò durante Fiorentina-Inter al Franchi. Da quel momento ha smesso, almeno per ora, di essere un calciatore. Ma è diventato altro. È diventato un simbolo del calcio italiano.
Tutta Italia gli vuole bene da quel brutto giorno, al punto che è finito persino sul palco di Sanremo per raccontare il suo dramma. Ma Roma gli vuole bene un po’ di più. E gliene vorrà sempre un po’ di più, perché è casa sua.
Ci voleva il suo ritorno all’Olimpico per far capire a tutta Italia cosa rappresenta oggi Edoardo Bove per Roma. E la scena vista al termine di Roma-Fiorentina è una di quelle che toccano il cuore anche a chi il calcio lo guarda solo la domenica. Il suo giro di campo, le lacrime di sincera commozione: è l’immagine pulita di un ragazzo che merita tutto l’affetto che ha ricevuto. Ma soprattutto, merita di tornare a giocare.
Edoardo Bove torna a giocare? I Friedkin possono darlo all’Everton
In Italia, per ora, non si può. Almeno finché non cambieranno le regole. Il Ministro Abodi ha già detto di voler lavorare per allineare la normativa italiana a quella internazionale, ma per adesso resta tutto fermo.
La verità è che Bove, oggi, in Italia non può più essere un calciatore. Ma altrove sì. In Inghilterra, ad esempio. E proprio lì potrebbe arrivare una mano tesa, forse la più naturale. Quella dei Friedkin, che sono ancora i proprietari del suo cartellino. E sono anche i proprietari di una squadra inglese, l’Everton. L’idea è semplice: mandarlo lì, magari anche solo in prestito.
Non per forzare un ritorno. Ma per dargli uno spazio vero, umano, dove tornare ad allenarsi, a stare nello spogliatoio, a sentirsi parte di qualcosa. E magari, se le condizioni lo permetteranno, anche a giocare e farlo ad alti livelli visto che parliamo di una squadra stabilmente in Premier League.
Non sarebbe certo un gesto di pietismo. Anzi, l’Everton potrà avvalersi di un calciatore che ha solo 23 anni e che stava giocando una stagione splendida prima che succedesse ciò che è successo. Ecco perché non sarebbe solo un atto dovuto a un ragazzo che ha perso troppo in fretta quello che amava. E che ora, fuori dall’Italia, potrebbe ritrovare almeno il piacere di essere, semplicemente, un calciatore.