Il Toro si trova davanti a un bivio inatteso, tra bilanci stagionali e decisioni future. Due allenatori, due storie diverse, ma lo stesso bruciante bisogno di riscatto. Nel calcio, a volte, è proprio dal dolore che rinasce la voglia di provarci ancora
Sta finendo come nessuno si sarebbe aspettato, l’avventura di Paolo Vanoli sulla panchina del Torino. L’allenatore ex Venezia aveva acceso la miccia a inizio stagione, con un Toro che, per settimane, guardava tutti dall’alto in classifica. Un sogno, una fiammata, una corsa che aveva stregato anche i più scettici. Poi, come sempre succede in questi casi, è bastato un singolo evento a ribaltare tutto: l’infortunio di Duván Zapata. Da lì in poi, una lenta discesa.
Il mercato di gennaio ha dato un po’ di respiro: gli innesti di Elmas e Casadei avevano riacceso qualche speranza, portato freschezza, idee, corsa. Ma il finale è stato da villaggio vacanze. Il Toro, salvo già da settimane, ha staccato la spina e perso una partita dietro l’altra, fino a chiudere undicesimo, scavalcato dal Como e raggiunto dall’Udinese. Sulla carta, visto il caos di metà stagione, non sarebbe nemmeno un disastro. E invece, tra Cairo e Vanoli, si è rotto qualcosa.
Le ultime dichiarazioni del presidente Urbano Cairo lasciano poco spazio ai dubbi. L’entusiasmo iniziale si è dissolto, il rapporto si è incrinato. Vanoli, che era stato uno degli allenatori più sorprendenti della stagione, rischia di uscire di scena in silenzio, senza nemmeno il tempo di capire bene perché. Ma così è il calcio: basta poco per passare dall’essere la sorpresa dell’anno a un nome da archiviare.
Il casting per il nuovo allenatore è già partito. Cairo e Vagnati hanno due nomi in cima alla lista, e qui viene il dettaglio curioso. Da una parte, Rino Gattuso. Vecchio pallino del presidente, già sondato in passato, e adesso forse pronto per tentare davvero l’avventura in granata. Dall’altra, Francesco Farioli, 35 anni, talento emergente del calcio italiano, uno che ha già costruito una reputazione internazionale e che molti vedono come il futuro.
Gattuso e Farioli, che delusione: entrambi sconfitti all’ultima giornata
Ma c’è una cosa che unisce questi due candidati: entrambi arrivano da una delusione tremenda. Farioli, con il suo Ajax, ha perso il titolo in Olanda all’ultima curva, bruciato dal PSV. Una beffa atroce. Gattuso, sulla panchina dell’Hajduk Spalato, ha vissuto praticamente lo stesso incubo: in corsa per il titolo croato fino alla fine, e poi beffato proprio all’ultimo giro. Due dolori sportivi, due ferite fresche, due allenatori che adesso hanno un bisogno feroce di riscatto.
Certo, al Toro non si viene per giocarsi lo scudetto. Ma si può costruire qualcosa, si può provare a salire di livello. Guardare a quello che hanno fatto il Bologna, l’Atalanta, squadre capaci di diventare fastidiose per tutti e, ogni tanto, togliersi pure lo sfizio di andare in Europa. Serve progettualità, serve pazienza. Serve, soprattutto, scegliere la persona giusta.
Gattuso porta con sé carattere, grinta, esperienza. È un uomo di spogliatoio, uno che sa accendere i suoi giocatori. Farioli, invece, piace a tante squadre perché è l’immagine del calcio nuovo: idee fresche, tattiche innovative, uno sguardo internazionale. Due strade diverse, due scommesse. Eppure, alla fine, entrambe legate da quel vuoto recente, da quella voglia matta di riprendersi qualcosa che, per un soffio, è sfuggito.
Per il Torino, scegliere uno di loro significa puntare non solo su un allenatore, ma su una storia da riscrivere. E chissà, magari proprio lì dove finisce il dolore può cominciare qualcosa di bello.