Inter, la “Brexit” di Conte: storia dei suoi fallimenti europei

Antonio Conte è un po’ il Nigel Farage tra i grandi allenatori del calcio internazionale, soffre le coppe europee, i tanti impegni. Il fallimento dell’eliminazione dell’Inter non è assolutamente il primo.

Potremmo ironicamente definirlo un “sovranista del pallone”, che si è affermato come uno degli allenatori più stimati al grido di “prima i campionati nazionali”. Ha vinto alla Juventus, al Chelsea, da commissario tecnico ha guidato la Nazionale in un ottimo Europeo.

Conte soffre il doppio impegno, la sua idea di calcio che punta a replicare gli stessi concetti di gioco con intensità e velocità di pensiero superiore agli avversari può essere devastante nella lunga “corsa a tappe” del campionato nazionale ma sbatte in Europa, dove il livello più alto e bisogna essere più camaleontici.

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Conte si è fermato ad Istanbul

L’avventura di Conte era iniziata abbastanza bene, nella stagione 2012-13 la sua Juventus si fermò solo ai quarti di finale contro il Bayern Monaco che poi vinse la Champions League.

Un buon percorso, nel girone mandò il Chelsea in Europa League, la sua idea di calcio viaggiava ad una velocità importante e non c’erano ancora le contromisure per imbrigliare le due vie nell’attacco alla porta avversaria seguite dalle sue squadre: scarico sulla prima punta che “chiama” l’inserimento dell’altro attaccante e dei centrocampisti, ricerca dell’ampiezza attraverso i quinti del suo 3-5-2.

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Conte si è fermato ad Istanbul, lì è iniziata la sua avversione per l’Europa. La neve spinge la partita al pomeriggio del giorno dopo e il Galatasaray di Roberto Mancini manda la Juventus in Europa League.

I bianconeri nelle sei gare del girone riescono a battere solo il Copenhagen in casa, chiudono con sei punti, uno in meno rispetto all’Inter in questa stagione. Corsi e ricorsi storici, avrebbe detto Gianbattista Vico.

Conte Juventus
Antonio Conte (Getty Images)

Dalla delusione di Torino al muro Shakhtar: gli altri fallimenti europei di Conte

Dopo l’eliminazione nella neve di Istanbul, la Juventus retrocesse in Europa League con un obiettivo che scaldava i cuori dei tifosi bianconeri: la finale di Torino.

Dopo aver eliminato Trabzonspor, Fiorentina e Lione, il sogno si fermò in semifinale contro il Benfica. Sembra uno scherzo del destino ma anche in questo caso fu uno 0-0 a condannare la squadra di Conte dopo la sconfitta per 2-1 maturata a Lisbona.

Al Chelsea la musica non è cambiata, ai successi nazionali (Premier League alla prima stagione e Fa Cup in quella successiva) bisogna accostare i fallimenti europei: i Blues arrivano secondi alle spalle della Roma di Di Francesco nel girone e crollano agli ottavi di finale contro il Barcellona poi eliminati proprio dai giallorossi.

Arriviamo all’Inter, non bisogna dimenticare che non si tratta della prima delusione europea: un anno fa il Barcellona già qualificato sbarcò a San Siro con un abbondante turn-over e mandò in El i nerazzurri vincendo 2-1.

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Non è un caso che in Europa League l’Inter abbia vissuto un ottimo percorso fino alla finale persa contro il Siviglia.

Si giocava ad agosto disputando di fatto una competizione a campionato già terminato, non c’era la fatica del doppio impegno, la gestione delle forze e l’Inter poteva andare più veloce degli avversari e valorizzare il surplus di qualità rispetto ad avversari come Getafe, Bayer Leverkusen e lo stesso Shakhtar Donetsk.

Antonio Conte
Antonio Conte – Getty Images

Conte e il piano B: un problema che esiste da tanti anni

Antonio Conte sa benissimo cambiare abito alle sue squadre, la sua Juventus è entrata nella storia modificandosi in un Napoli-Juventus 3-3.

Al fu San Paolo i bianconeri abbandonarono il 4-4-2 con due esterni molto offensivi e scelsero il 3-5-2, poi diventato il sistema di gioco preferito da Conte.

Da quel momento Conte ha scelto la strada di dare un’identità rigida alla propria squadra facendo crescere tanti giocatori in un sistema di gioco molto codificato e definito. Una strada di successo, lo dimostra la sua carriera di grande livello ma in Europa serve più elasticità.

L’Inter si è recentemente trasformata, ha interrotto il percorso del Sassuolo con una partita tatticamente molto preparata: costruzione dal basso schierandosi a quattro in difesa, pressione molto alta e così ha avuto la meglio della formazione di De Zerbi.

In Europa serve di più, soprattutto in un momento storico dove è molto difficile essere brillanti.

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Conta l’efficacia in entrambe le fasi di gioco e l’Inter nel contesto delle sei partite ha sbagliato tanto sia a livello difensivo che offensivo. La preparazione tattica è una delle componenti, non è esaustiva per spiegare l’ennesimo fallimento europeo ma può aiutare i calciatori a venir fuori dalle difficoltà.