L’esaltazione dell’anti-calcio: Allegri è il manifesto di un fallimento

Strappa unanimi applausi la vittoria della Juve sul Chelsea: lo specchio di un paese che ama l’anti-calcio e umilia il talento

Tutti a sperticarsi le mani in applausi: la grande vittoria del calcio italiano, Allegri ha incartato Tuchel. E, poi, giù con frasi del tipo: “La grande estate del calcio italiano non finisce, sconfitti i Campioni d’Europa”. Francamente, ieri ho solo provato un grande imbarazzo per Allegri, per la Juve: modulo 6-3-1 per una mezz’ora abbondante, un undici iniziale che prevede solo nazionali di alto livello trattati come calciatori capaci solo di difendersi, un baricentro così basso che la densità della Juve è stata nella sua area di rigore. “Sì, ma ha vinto”. Provo a spiegare perché è una vittoria che puzza irrimediabilmente solo ed unicamente di fallimento.

  1. Andrea Agnelli volle cambiare Allegri per non vedere più questo calcio: ha sognato per la sua Juve una dimensione diversa, avrebbe voluto proiettarla nel gotha del calcio europeo con un stile vincente e convincente. Faccio davvero fatica ad immaginare i suoi occhi brillare nel vedere un catenaccio che anche squadre come il Venezia e l’Empoli (nonostante il rischio esonero costante per i loro allenatori) hanno cancellato da anni dai loro vocabolari. Quello di ieri è stato il manifesto più palese del fallimento della politica di Agnelli.
  2. I dirigenti bianconeri continuano a sostenere che perseguiranno la strada della Superlega: quindi, visto che il modulo base sarà il 5-4-1 o il 6-3-1 in sfide di questo tipo contro squadre che fanno calcio come il Chelsea o il City, meglio attrezzarsi con 12-13 difensori in rosa. Siamo seri: se la Superlega dovesse nascere ed esser un concentrato di spettacolarità, questa Juve dovrebbe esserne esclusa aprioristicamente. Un fallimento ancora per Agnelli che tanto sogna questa competizione.

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    Juventus, Nedved, Agnelli e Cherubini
    Juventus, Nedved, Agnelli e Cherubini (Getty Images)

    Allegri e la storia di un fallimento generazionale

  3. Supponiamo che così giocando, la Juventus vinca la Champions: un’impresa storica? No, vince una squadra soltanto e troppe volte per una questione di mera fortuna, come i colpi di testa non entrati ieri di Lukaku Havertz . Puoi vincere e restare un nome inciso in un albo che nessuno ricorderà dopo pochi mesi. Resta una data ed una squadra, perché la formula così vuole. La storia, invece, ricorda i rivoluzionari, i combattenti, gli innovatori. Non chi prende il 50.1% alle elezioni, caso mai provando ogni mezzo (più o meno lecito) per vincere. La storia ricorderà Sacchi, non Trapattoni (se non per qualche espressione equivoca). Questo calcio, Allegri e la sua Juve hanno vinto tutto in Italia nel deserto, con una potenza economica devastante e tra mille polemiche. La storia, però, porterà nei libri le idee di Che Guevara, non quelle dei grigi burocrati che hanno,chissà come, trionfato.

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  4. Si è letto della grande bravura di Allegri di sterilizzare l’avversario. Sterilizzare vuol dire, letteralmente, impedire la nascita, lo sviluppo. Quindi, la Juve ieri ha impedito al Chelsea di fare calcio così come lo ha fatto per se stessa, nonostante nell’undici iniziale ci fossero in campo, per i bianconeri, giocatori per un contro-valore di centinaia di milioni di euro. Cancellare la possibilità di sviluppare idee in campo, costringersi e costringere un calcio senza gioia. Insomma, la Juve è stata l’anti-calcio: un fallimento per chi sogna un gioco spettacolare, divertente, che aggreghi e non punti solo alla logica risultatista.
  5. Andrea Agnelli ha presentato, più volte, studi su studi: i giovani si stanno allontanando dal calcio. Quello offerto ieri all’Allianz è stato lo spot migliore per fa sì che continuino a giocare a Call of Duty e pensino che il calcio sia uno sport vecchio che merita di marcire in una tv che non seguono più. E questo è il fallimento peggiore.