Ancelotti non ci riuscì, Spalletti sì: perché il Napoli ora fa ‘calcio liquido’

Il Napoli di Spalletti a Verona ha cambiato sistema di gioco, trasformato il proprio vestito e costruito una vittoria preziosa, che tiene gli azzurri in corsa per il sogno scudetto.

Ancelotti nella sua avventura napoletana si è scontrato con una missione: trasformare l’anima “ortodossa” di un gruppo reduce dalla meravigliosa era Sarri in una squadra duttile, capace di leggere i momenti della partita, trasformare l’identità in base all’avversario. A distanza di qualche anno, uno dei meriti più spiccati della stagione di Spalletti è aver portato veramente il “calcio liquido” a Napoli.

Spalletti sorride
Spalletti (LaPresse)

Il Napoli da anni sta cercando di distaccarsi dall’idea che si possa giocare soltanto attraverso il palleggio, mescolando il background dell’era Sarri con principi diversi. Ancelotti si è scontrato proprio con l’idea di convincere il gruppo che aprire la mente a nuovi modi di stare in campo possa essere fonte di arricchimento e non di “dispersione” delle forze, ci è riuscito solo per pochi mesi.

Gattuso si è fermato a metà, con un ibrido che è riuscito ad avere una buona forma negli ultimi mesi della scorsa stagione, eccetto l’ultima partita contro il Verona.

Spalletti è, quindi, riuscito a superare il muro su cui erano sbattuti i suoi precedessori, soprattutto Ancelotti.

È un Napoli multiforme, la squadra dalle molteplici anime

Quando è stato acquistato Osimhen, il Napoli aveva in mente d’abbassare un po’ il baricentro e andare con le ripartenze in campo aperto con l’esplosività di Osimhen.

Al di là dei vari “pit stop” causa infortuni dell’attaccante nigeriano, il Napoli non ha mai acquisito con continuità quest’approccio tattico. È una squadra che ha nel suo dna il pressing alto, il palleggio, la conquista della metà campo avversaria. Può adattarsi per spezzoni di gara ma non deve mai snaturarsi.

Spalletti è riuscito a costruire un compromesso di alto livello tra le caratteristiche di Osimhen e l’anima storica del Napoli. Quest’esercizio complesso presuppone un salto di qualità culturale, il Napoli è diventata una squadra multiforme, dalle molteplici anime che, a seconda degli uomini a disposizione e dell’avversario, prepara il piano-partita.

Può capitare anche, come accaduto contro il Milan, che non funzioni o che l’avversario sia più bravo ad imbrigliare il Napoli ma sul lungo periodo quest’approccio ha fatto la differenza. Il salto di qualità è aver convinto la squadra che avere più modi di stare in campo è una risorsa, non un limite alla propria identità.

Lo dimostra proprio la risposta di Verona, in una settimana Spalletti ha cambiato sistema di gioco, passando al 4-3-3, escluso Zielinski e Insigne con un piano tattico preparato nei dettagli.

Fabian Ruiz faceva un po’ il lavoro di Insigne, Lozano si muoveva da seconda punta mascherata a supporto di Osimhen, Anguissa faceva le coperture preventive per liberare la catena di destra, dove del resto il Napoli ha costruito i due gol per battere il Verona.

Koulibaly a contrasto con Immobile
Koulibaly (LaPresse)

La certezza del Napoli di Spalletti è la solidità difensiva, il resto è una scatola che si riempie

Spalletti usa spesso una metafora per cui la partita è come una scatola da riempire con tutte le caratteristiche. Contro il Verona è riuscito anche a tirar fuori la crescita nella “fase di nessuno” con il Napoli che si è calato con forza nei duelli fisici con l’avversario.

Si parte sempre dalle certezze: la fase di non possesso, l’idea della difesa alta che non ha problemi in caso di necessità ad abbassarsi e a lavorare anche nella propria area.

Il Napoli ha subito meno gol di tutti in serie A, attorno alla solidità difensiva sta costruendo il suo campionato di vertice. Il dato è ancora più importante, considerando i due mesi e mezzo di stop di Koulibaly tra infortunio e Coppa d’Africa.

Nella scatola poi abbiamo visto di tutto: la difesa a tre sia a gara in corso che dall’inizio in emergenza contro Atalanta e Cagliari, la predisposizione al palleggio del Napoli che fa più possesso palla in serie A combinata con l’anima verticale che fornisce Osimhen.

In questa stagione abbiamo visto il Napoli con Mertens centravanti di manovra, che andava in porta esasperando il palleggio con la partita interna contro la Lazio come versione migliore.

Tutto ciò è accaduto nella stessa annata in cui la squadra è diventata finalmente “osimheniana”. Victor, infatti, è l’unico attaccante della rosa che ha migliorato il bottino realizzativo rispetto alla scorsa stagione.

Il “calcio liquido” è la cornice perfetta del progetto Spalletti

Il “calcio liquido” è la cornice perfetta in cui Spalletti ha conquistato un altro merito importante: coinvolgere tutti nel progetto tecnico. La crescita di Rrahmani, Juan Jesus e Lobotka è il fattore più significativo ma tutti hanno dato il proprio contributo, anche Malcuit e Ghoulam che sembravano un po’ ai margini.

Questa metodologia di lavoro ha tenuto il Napoli in alta classifica anche nei momenti d’emergenza, basta pensare all’autorevole pareggio di Torino contro la Juventus. Il vantaggio per la qualificazione alla Champions League è abbastanza rassicurante, poi c’è il sogno scudetto in cui il Napoli crede. De Laurentiis intanto ha ritrovato la serenità che aveva smarrito.