Eintracht-Lazio, per Berisha è l’ora del rientro

BerishaCome recita l’edizione odierna della Gazzetta dello Sport è giusto che l’avventura biancoceleste di Valon Berisha cominci in Europa League. “È in quella competizione che il centrocampista e la Lazio si sono conosciuti. E non è stato, per la squadra romana, un bell’incontro. Era lo scorso mese di aprile, quarti di finale della coppa europea. La Lazio viene estromessa dal Salisburgo in cui gioca, da protagonista, proprio Berisha (e segna pure, su rigore,all’andata all’Olimpico). Smaltita la delusione, Igli Tare e Simone Inzaghi (che,ovviamente, già lo conoscevano bene) decidono che sì, è lui l’uomo giusto per rinforzare il centrocampo laziale”.

IL CALVARIO DI BERISHA

Quello che il ds e l’allenatore della Lazio non immaginano è che dovranno aspettare l’autunno per averlo a disposizione, tutta colpa di una maledetta lesione muscolare alla coscia sinistra rimediata durante il ritiro precampionato di Auronzo di Cadore. Il mediano ha dovuto affrontare un lungo calvario perché la lesione era profonda e perché, una volta guarito, ha dovuto ricominciare daccapo la preparazione. Nelle ultime due partite è andato in panchina e domani a Francoforte, nel match che la Lazio giocherà contro l’Eintracht per il secondo turno della fase a gironi ci sarà il debutto.

FORZA PER IL CENTROCAMPO LAZIALE

Berisha è stato preso come alternativa dei titolari a centrocampo, ma in una Lazio che sembra essere meno solida di quella delle ultime due stagioni, la sua tempra e il suo dinamismo potrebbero essere molto utili. Berisha sempre secondo le parole della Gazzetta dello Sport “non è tipo che si accontenti di fare la comparsa. A Salisburgo era una delle colonne della squadra che da anni domina il calcio austriaco (5 gli scudetti e 4 le coppe nazionali vinte da Berisha nelle sei stagione trascorse con i Red Bull). Colonna della squadra e idolo dei tifosi per la sua fama di guerriero. Una tempra che gli deriva da una storia personale per nulla facile. Come tutte quelle di chi fa parte di una famiglia di profughi. I genitori fuggirono dal Kosovo all’inizio degli anni 90”.